Il professor Romano ha infatti inciso sul granito della storia delle dichiarazioni le seguenti testuali parole: «Il divieto di fecondazione eterologa pone le sue basi sulla necessità di tenere conto della dissociazione di maternità e paternità, propria della tecnica. La Corte evidenzia in maniera inequivocabile la prevalenza di un principio fondamentale del diritto: la certezza dell’identità genitoriale» (da Avvenire.it).
A parte l'offesa nei confronti delle coppie che si vedono costrette ad affrontare un iter di riproduzione assistita difficile e ingrato qual è quello della fecondazione eterologa, c'è da notare (e da far notare al professore) che quando un uomo e una donna "decidono" di diventare genitori biologici per una via tanto impervia evidentemente è perché metodiche più tradizionali, incluso l'onnipresente cero alla Madonna, non hanno sortito il risultato sperato.
La "scelta" di ricorrere alla donazione di seme, di ovuli o di entrambi, è in ultima analisi non molto dissimile dal buon vecchio mangiare questa minestra o saltare dalla finestra. Bere o annegare. Fare, insomma, come il burattino Pinocchio che di fronte alla prospettiva, non troppo rosea, di finire disteso nella simpatica cassa lignea trasportata a spalla dai famosi quattro conigli neri come l'inchiostro, ingurgita senza fiatare l'amarissima medicina offertagli dalla Fata Turchina.
E' lecito supporre, ricordandolo nel contempo anche al professor Romano, che le coppie infertili, dipendesse da loro, rinuncerebbero volentieri al privilegio di mettere al mondo figli che ereditano una incerta «identità genitoriale», preferendo senza dubbio ricorrere ai metodi più tradizionali di cui sopra. Ma la vita, come sa bene anche il burattino di Collodi, non è sempre come la si vorrebbe.
Una volta si diceva «Mater semper certa est, pater nunquam» che, purtroppo per Lucio Romano, non è una litania della Beata Vergine bensì un antico adagio che pone l'accento sulla generale incertezza delle nostre origini biologiche senza peraltro farne un dramma, ma con la leggerezza tipica della migliore vox populi. Il senso di questo proverbio non è perentorio: «Mater semper certa est» nulla dice riguardo come debba non debba essere questa famosa madre, sempre ossessionata dalle altrui indicazioni di servizio. Semplicemente ricorda, con allusività un po' sorniona, che anche nel caso di evidente maternità biologica l'ultima parola sul responsabile maschile non è sempre detta.
Al giorno d'oggi, in tempi di test del DNA, la suddetta saggezza popolare viene accantonata con troppa disinvoltura. Per fortuna ci soccorre ancora una volta la storia di Pinocchio, grandiosa metafora di come l'eventuale oscurità delle proprie origini biologiche, o parimenti la mancanza di «certezza dell'identità genitoriale» del professor Romano, non solo non sia una menomazione, ma anzi una vera e propria risorsa: la via per scoprire l'amore. Quello vero. Quello gratuito di una coppia speciale che fino a prova contraria non ha messo al mondo l'adorato burattino, magari di rientro da una capatina a Lourdes, nel corso di un tradizionale, fertilissimo e cattolicissimo amplesso: la coppia costituita dal buon Geppetto e dalla Fata Turchina. Gli unici genitori certi, insomma. Quelli resi tali dall'amore.