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Matite spuntate al Corriere della Sera

Creato il 16 gennaio 2015 da Pedroelrey

La recente strage alla reda­zione del gior­nale sati­rico Char­lie Hebdo a Parigi ha scosso pro­fon­da­mente il mondo pro­fes­sio­nale a cui appar­te­ne­vano le vit­time, in par­ti­co­lar modo quello dei dise­gna­tori, dei vignet­ti­sti, degli arti­sti del fumetto, dei gior­na­li­sti a fumetti. Come rispo­sta molti di loro, più o meno noti al grande pub­blico, chi più, chi meno, hanno uma­na­mente espresso i loro sen­ti­menti e la loro opi­nione sull’evento con il lin­guag­gio che gli è pro­prio, quello gra­fico appunto. E, nes­suna sor­presa, lo hanno fatto anche pri­va­ta­mente sulle piat­ta­forme social che tutti uti­liz­ziamo quo­ti­dia­na­mente. Con­te­nuti pub­blici, ma pub­bli­cati a titolo pri­vato: su pro­pri account, su pro­fili per­so­nali, ecc. Tutto molto sem­plice, per chi la Rete la vive tutti i giorni.

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Ieri il Cor­riere della Sera esce però in edi­cola con un inserto spe­ciale, dedi­cato ai fatti di Char­lie Hebdo: un cor­poso libretto (circa 300 pagine) con un’ampia rac­colta di que­sti con­tri­buti gra­fici, presi dai mille rivoli della rete, impac­chet­tati e ven­duti a 4,90 euro. Il tutto per bene­fi­cenza, per­ché i pro­venti, assi­cu­rano anche in seconda di coper­tina, andranno tutti a favore delle vit­time. Ma il tutto sca­tena anche un puti­fe­rio, per­ché le decine di dise­gna­tori autori di quelle vignette si accor­gono dell’uso non auto­riz­zato delle loro opere solo a cose fatte, quando il libro è già in edicola.

Le rea­zioni dei diretti inte­res­sati sono per lo più sar­ca­sti­che (un buon esem­pio è quella di Roberto Rec­chioni), ma non nascon­dono sor­presa e rab­bia. Il fumet­ti­sta Gia­como Bevi­lac­qua mette i pun­tini sulle “i” sulle pagine di Wired Ita­lia e rac­co­glie i post di molti suoi col­le­ghi. Altri blog­ger, anche ospi­tati da siti di testate come L’Inkiesta, arri­vano a usare toni molto aspri. Su Twit­ter il poco lusin­ghiero hash­tag #cor­rie­re­scia­callo diventa pure trend topic. Ler­cio non si smen­ti­sce (l’immagine di aper­tura di que­sto post è loro!). Si pro­fi­lano all’orizzonte denunce a raf­fica, da più parti si chie­dono le scuse dell’editore e alla fine il diret­tore Fer­ruc­cio De Bor­toli ci mette la fac­cia e chiede espres­sa­mente scusa a tutti, seguito oggi da Paolo Rastelli sul quo­ti­diano car­ta­ceo. Un gesto impor­tante dato il con­te­sto del gior­na­li­smo ita­liano, men­tre lasciano molti dubbi le cri­ti­che aperte pro­ve­nienti da altre testate che non hanno ancora dimo­strato oltre ogni ragio­ne­vole dub­bio una par­ti­co­lare affe­zione alla sacra­lità della cita­zione e dell’attribuzione.

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Fur­bata, errore, leg­ge­rezza, incom­pe­tenza, totale inca­pa­cità di com­pren­dere l’ecosistema digi­tale, enne­simo #epic­fail pre­sto dimen­ti­cato? Luca Sofri avanza qual­che ipo­tesi che fa rab­bri­vi­dire, anche se non stu­pi­sce affatto. Certo è che le giu­sti­fi­ca­zioni addotte (il poco tempo per un’operazione da instant book e la dif­fi­coltà di chie­dere a tutti gli autori i per­messi neces­sari) lasciano un po’ il tempo che tro­vano, in un’era di con­nes­sione 24h e comu­ni­ca­zione in tempo reale. C’è poi l’elemento del fine bene­fico, che dalle parti di via Sol­fe­rino è sem­brato per diverse ore più che suf­fi­ciente per risol­vere la que­stione. Ma qual­cuno ha giu­sta­mente obiet­tato: anche solo rima­nendo nell’ambito dei soldi, in bene­fi­cenza andrà anche il rica­vato dal sur­plus di ven­dite del quo­ti­diano cau­sato dalla pre­senza del libro in alle­gato? In fondo lo sap­piamo benis­simo, l’unica bene­fi­cenza senza alcun secondo fine (se non una pub­bli­cità indi­retta) è stac­care un asse­gno per­so­nal­mente, non rac­co­gliere fondi ven­dendo un pro­prio pro­dotto. Avanzo però un sug­ge­ri­mento! Per fugare ogni dub­bio e mal­di­cenza, il Cor­riere potrebbe rila­sciare nei pros­simi giorni in open data tutti i dati rela­tivi a tira­tura, distri­bu­zione, ven­dita, ricavi, costi e ver­sa­mento in bene­fi­cenza del libro. Così una volta tanto tutti potranno veri­fi­care il die­tro le quinte di que­ste ope­ra­zioni uma­ni­ta­rie colme di buone intenzioni.

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