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Mattatoio N.5 di Kurt Vonnegut: la post-recensione

Creato il 15 febbraio 2013 da Postscriptum
 

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Quello dell’alienazione è forse il sentimento più forte che un soldato possa provare mentre si confronta con gli orrori di una guerra: quando pericolo e morte sono gli unici compagni di viaggio, alienarsi può rappresentare, per la mente, l’unico modo per mantenere una certa integrità.
In senso esteso, però, alienarsi può anche significare accostarsi ad una cultura diversa, straniera, e quindi aliena; e in senso ancora più largo e fantascientifico alienarsi potrebbe stare per essere rapiti dagli alieni.
Le parole d’ordine per inquadrare Mattatoio N.5 di Kurt Vonnegut sono due: alienazione e fantascienza.
Il protagonista di una storia così surreale da poter essere vera è Billy Pilgrim, un uomo insofferente, a metà strada tra la pazzia e la stupidità, spastico nel tempo, rapito dagli alieni ed ex prigioniero di guerra durante la seconda guerra mondiale e, al netto di tutto questo, anche un americano qualunque. Alienante no?!?

Vonnegut in questo libro ridefinisce i confini della fantascienza trascinandola ad un livello più vicino alla realtà, o per meglio dire lontano dai miti George Lucas e Isaac Asimov. In Mattatoio N.5 non ci sono infatti guerre interstellari nè alieni dai sentimenti complessi; c’è Billy Pilgrim che viene rapito dagli alieni e acquisisce la non indifferente capacità di viaggiare nel tempo.
Così nel passaggio tra gli ultimi giorni di vita di Billy e gli anni sotto le armi, tra gli anni della gioventù e il periodo di cattività sul pianeta Tralfamadore, dove gli abitanti vedono il tempo come un continuo mutare dall’inizio dei giorni alla fine (è complicato da spiegare!!), assistiamo alla costruzione di una storia che, attraverso la fantascienza, si evolve come un vero atto d’accusa nei confronti della guerra e degli orrori ad essa connessi.
Non è un caso che Vonnegut abbia combattuto durante la seconda guerra mondiale.


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