Il nostro presidente del Consiglio è la rappresentazione vivente, assai preoccupante, di un governare indipendente dalle (poche) cose che si fa e dalle (molte) cose che si devono fare. La fiducia dei cittadini è sostituita dalla curiosa percezione psicologica, non esattamente una convinzione, che non esista altra soluzione. Sul piano delle qualità personali il presidente Renzi ha, per dirla in gergo universitario, tutte le «mediane»: né bello né brutto, né simpatico né antipatico, né colto né incolto, intelligente piuttosto che stupido, esperto di tutto e di niente. Partecipasse a un concorso, un’idoneità accademica, in qualsiasi materia, sarebbe sua di diritto. La difficoltà enorme che devono affrontare i suoi critici è la loro convinzione che lui esista. Ben inteso una persona reale chiamata Matteo Renzi è presente tra di noi e fa la sua vita. Respira, mangia e beve, si gode i panorami, ha le sue preoccupazioni e le sue intuizioni, sogna e fantastica, ama i suoi figli e sua moglie e ne prende cura. Non è peggio di tanti ed è meglio di molti.
Le qualità che più gli hanno permesso di fare strada nella vita pubblica sono la fede assoluta in sé e la spregiudicatezza. La sua faccia da bravo ragazzo fa stare tranquilli i suoi concorrenti, quando dovrebbero essere molto irrequieti. Tuttavia nulla di questo gli avrebbe permesso di andare molto al di là della pur importante carica di sindaco di Firenze, se le circostanze della vita sociale e politica non avessero fatto di lui «Il Segno dei Tempi».
Come segno dei tempi nel campo politico, si intende abitualmente la fortuna di certi movimenti o uomini i quali seguono le correnti che le circostanze socioeconomiche e culturali creano in un dato momento. Lavorando in superficie e evitando di affrontare ciò che si agita in profondità, con un approccio che esalta la tattica e rifugge la strategia, vanno a gonfie vele finché la corrente a cui si adattano va per il suo verso. Contraddirli pone i coraggiosi che vi si avventurano nella posizione sgradevole di chi «rema contro».
Remare contro, per quanto faticoso possa essere, non è un’impresa impossibile ed è la premessa, a volte dall’esito felice a volte no, di ogni vera trasformazione.
Se tutti remassero secondo la corrente del momento la vita sarebbe un’agitazione ingannevole, un incresparsi dell’acqua in superficie. L’opportunismo che parassita ogni epoca, sguazzando nelle sue contraddizioni, è un nemico del cambiamento da non sottovalutare ma non imbattibile. È rappresentativo del quieto vivere, prospettiva pericolosamente illusoria, ma non merita veramente l’appellativo sinistro di «Segno di Tempi».
Quest’ultimo ha un significato diverso dall’adagiarsi alle circostanze, sfruttando i vantaggi a breve termine che ciò comporta. Indica una situazione, che annuncia catastrofi, in cui l’inerzia di un’epoca, il nucleo oscuro di immobilità che resiste alle trasformazioni, si impadronisce degli uomini (delle loro emozioni e pensieri) e li paralizza. Si vive incantati, pensando di muoversi, ma il tempo non scorre. Matteo Renzi è incastrato nello sfondo melmoso della storia è più si agita, più si impiglia. Prendersela con lui o difenderlo non ha molto senso. Si rischia di restare impigliati insieme a lui.
I tempi di oggi vivono nella sospensione dello scambio reale con l’altro. Costui o è demonizzato e fatto fuori nel modo più radicale possibile (in silenzio o con clamore) o è esorcizzato nella sua diversità, assimilato nella nostra immagine e correttamente posizionato in un mondo di cloni. Svegliarsi è possibile e necessario perché questa “nuttata” non è fatta per passare.
da manifesto.info