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Maurizio Beretta si racconta

Creato il 02 febbraio 2015 da Ilnazionale @ilNazionale

maurizio_beretta_lega_calcio2 FEBBRAIO - Maurizio Beretta, Direttore delle Relazioni Esterne di UniCredit Banca, nonché Presidente della Lega Calcio Serie A, si racconta ai giovani del Master Universitario in Media Relation e Comunicazione d’Impresa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, in occasione di un incontro organizzato a fine gennaio da Stefano Lucchini, direttore della Comunicazione Aziendale di Banca Intesa San Paolo ed ex responsabile delle Relazioni Internazionali di Eni.

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Maurizio Beretta, con una semplicità inaspettata da un uomo importante come lui e anche con un po’ di timidezza, racconta la sua storia professionale agli studenti, appellandosi alla cosiddetta Legge di Marphy, che lui integra sostenendo che ad una buona pianificazione del lavoro spesso è necessario anche e soprattutto un buon colpo di fortuna.

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Questione di sorte, quindi, che dopo averlo visto lavorare al TG1 per sedici anni insieme a Enrico Mentana, persona che Beretta stima tantissimo, lo vede poi Direttore di Rai1, ai suoi tempi la rete più vista in Europa come numero di spettatori, all’epoca il 28/30% dei telespettatori italiani. Dopo esser stato Direttore delle Relazioni Esterne della Fiat, nel 2004 dopo Montezemolo e in seguito alla morte di Umberto Agnelli, diventa Direttore Generale di Confindustria. Nel 2008 il Governo Prodi vara la norma di titolarità di vendita dei servizi televisivi e a Beretta si apre l’occasione di entrare a lavorare nel sistema sportivo della Lega Calcio. A questa occasione o fortuna, voluta dalla sorte, si associa anche il suo ruolo di responsabile della comunicazione in UniCredit Banca, grazie alla quale egli suggerisce ai ragazzi dei punti di continuità da tenere sempre ben presenti nel loro percorso professionale nell’ambito della Comunicazione d’impresa.

Il primo punto è la capacità di cogliere dalla complessità un messaggio semplice, nella vita professionale come nella vita privata, riuscendo a minimizzare qualsiasi crisi ci si possa presentare davanti: riuscire a cogliere dall’indistinto una Story Telling, un sistema osmotico, una sorta di diaframma tra una realtà ed un’altra. Ed in questo senso secondo Beretta il giornalista è un professionista che si trova in una posizione di cuscinetto tra la realtà osservata e il messaggio da raccontare. Il secondo punto fondamentale è la forte capacità di lettura critica di tutto ciò che ci circonda, capendo lo spirito del tempo e interpretando le persone che con le quali entriamo in contatto, adottando sempre una sorta di analisi psicologica delle situazioni per poterle commentare con i nostri occhi andando oltre le apparenze.

Basta prendere una copia del Corriere della Sera degli anni Cinquanta – Sessanta e una di oggi” – afferma Maurizio Beretta – “e si nota come è cambiata la formazione del giornale. Prima era un modello che richiedeva tempi di lettura e una volontà di fruizione del mezzo, quindi era molto importante il contenuto più che l’impressione visiva della carta stampata. Oggi invece hanno una considerevole valenza anche le immagini, le vignette, gli inserti pubblicitari, i colori, l’impaginazione e quant’altro“. E la televisione secondo Beretta vive gli stessi meccanismi di evoluzione dei giornali. “Oggi gli stessi testi, scritti su un quotidiano o raccontati alla TV, hanno un diverso livello di fruizione” – prosegue – “perché è cambiato l’uso del tempo e la capacità o volontà di dedicare il proprio tempo a quel modello“. E come i giornali e la televisione, anche la radio secondo l’intervistato è un importante mezzo di comunicazione in crescita, un vero e proprio fenomeno in forte sviluppo.

Con molta disponibilità e una gentilezza impensabile, Beretta individua tre punti che un buon professionista della Comunicazione dovrebbe seguire. Innanzitutto conoscere bene la situazione che si vuole o si deve comunicare; saperla poi rendere semplice e fruibile, interpretandola e raccontandola al pubblico; usare infine le giuste piattaforme, utilizzando una comunicazione bidirezionale, rifacendosi alle capacità di Skills professionali per conoscere le situazioni per quello che sono, senza farsi prendere da tendenze emotive. Inoltre sostiene che dire tutta la verità non sempre è piacevole e non sempre porta ad un consenso immediato, ma dicendo la verità non si sbaglia mai. In un mondo sempre più complesso con sempre più paradigmi, bisogna imparare a interagire con soggetti sempre nuovi. Ovvero siamo noi a dover cambiare in base alla realtà che ci circonda e non il contrario. L’onestà intellettuale e l’umiltà secondo il Presidente Lega Calcio risultano sempre delle carte vincenti.

Il calcio è il fenomeno trasversale con la più grande capacità di mobilitazione” – spiega Maurizio Beretta – “Su 60 milioni di abitanti in Italia, 25 milioni di italiani dichiarano di essere interessati al calcio, dei quali 16 milioni lo seguono attivamente e 9 milioni seguono le partite in diretta“. Conclude spiegando che il calcio dunque tiene insieme situazioni sociali diverse, perché ha una pluralità enorme di protagonisti e per questo motivo lavorare nel settore sportivo gli trasmette sempre nuovi impulsi ed emozioni continue.

Passando allo scenario dell’informazione digitale, oramai alla base della comunicazione contemporanea, Beretta individua dentro la società del Web due fenomeni straordinari: il mondo degerarchizzato, che è una platea indistinta; i grandi Brand e marchi forti che fanno da aggregazione in una società che non permette gerarchizzazione e aggregazione. Di fronte a questo panorama mediatico sono necessarie quindi quelle professionalità dedicate alla Comunicazione, con capacità di lettura e di sintesi. E il suo appello va ai giovani Comunicatori  e professionisti di domani, incoraggiando i ragazzi a inseguire i propri sogni e credere nei propri obiettivi, perché in qual si voglia azienda, società, ente o agenzia, non c’è marketing senza Comunicazione. E non ci sarebbero relazioni senza comunicazione.

Gloria Girometti

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