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Maurizio Mattioli: “una spremuta di sangueee…”

Creato il 21 marzo 2012 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Maurizio Mattioli: “una spremuta di sangueee…”

Maurizio Mattioli e Giovanni Berardi

Noi che amiamo il trash non potevamo non incontrare Maurizio Mattioli. Anzi, per tante ragioni, il trash è un genere che sopravvalutiamo anche. Lo sopravvalutiamo perchè il genere ha, proprio quasi come statuto, una sua ilarità semplice ed immediata che ormai, nella cinematografia italiana corrente, è solo un ricordo struggente.  Oggi Maurizio Mattioli è senz’altro un attore maturo, un professionista sicuro del grande e del piccolo schermo, ma in passato è stato spesso un gregario, un razziatore in pellicole che, con il tempo, avrebbero garantito e testimoniato quello che è diventato il valore della resa, della storicizzazione, di quello che è stato un periodo ricco del cinema italiano, il decennio degli anni settanta ed ottanta, che deputiamo come il periodo delle estreme (anche per la presunta dignità sociologica) e goliardiche risate, anche sguaiate certamente, ma assolutamente salutari, liberatorie, autentiche, genuine. Un folto gruppo di brancaleoni, di cui Maurizio era sicuramente un protagonista nella mischia, davvero un manipolo di eroi spassosissimi, caratteristi che abbracciavano e legavano con una risata, con una scempiaggine, con un equivoco ed un giocoforza, con un doppio senso anche geniale talvolta, le platee, e che rispondevano solerti ai nomi di Lino Banfi, Mario Carotenuto, Renzo Montagnani, Vittorio Caprioli, Pippo Franco, Gianfranco D’Angelo, Alvaro Vitali, Michele Gammino, Giacomo Rizzo, Aldo Maccione, Gianni Ciardo, Gianfranco Barra, Enzo Cannavale, Bombolo, Nando Paone, Luca Sportelli, Carletto Sposito, Stefano Amato.

Maurizio Mattioli: “una spremuta di sangueee…”

L’esordio di Mattioli al cinema avviene nel 1973, manco a dirlo è nel cast di due film campioni di quella ilarità genuina e senza fronzoli, straordinariamente italica, come Il Colonnello Buttiglione diventa Generale, firmato dal regista Mino Guerrini, un film nato dalla geniale maschera umoristica dell’architetto cabarettista Mario Marenco per il programma radiofonico di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, uno dei massimi successi radiofonici dell’epoca, chiamato Alto GradimentoPatroclooo…!; e E il soldato Camillone, grande, grosso e frescone, altra geniale maschera protagonista dello stesso programma, creata dal musicista cabarettista Giorgio Bracardi e diretta da uno specialista del genere, il regista Mariano Laurenti. Davvero tempi straordinari, dilapidati inesorabilmente nella crescita personale e sociale. Ci si sganasciava davvero, noi ragazzini del tempo, in quelle platee gremite davvero all’inverosimile, così avvinte ed indifese, ma mai depresse davvero, nel fumo delle sigarette.  Anzi sembrava realizzarsi, tra fumo e quella che si diceva la scomodità delle poltroncine in legno massiccio (il valore intrinseco in questo senso pareva riconosciuto pienamente), una grande unità popolare. Si trattava di queste pellicole (oltre a quelle già citate Maurizio Mattioli era nei cast anche di Kakkientruppen, 1974, di Franco Martinelli (pseudonimo dell’allora prolifico regista Marino Girolami), La poliziotta fa carriera, 1975, di Michele Massimo Tarantini, Porco mondo, 1978, di Sergio Bergonzelli, La soldatessa alle grandi manovre, 1978, e Viva la foca, 1980, di Nando Cicero), spesso programmate direttamente nelle seconde visioni, perchè interessavano solo lo spettatore più popolare, in qualche caso anche decisamente più squattrinato, quando il cinema, così come il mondo, era ancora fortemente diviso in due grossi blocchi di poteri economici, gestiti dai sovietici e dagli americani. In verità Mattioli, con la sua maschera tipica, gradassa, ma comunque bonacciona o imbranata, ed il suo humor naturale, istintivo, assicurava, anche in titoli che nulla avevano a che fare con l’umorismo e la commedia più spicciola, il momento di spettacolo ilare. In questo senso dobbiamo segnalare alcune interpretazioni, più spesso ancora solo comparsate, però decise e prepotenti, che già preparavano la maschera d’attore del futuro:  La polizia accusa, il servizio segreto uccide (1974) di Sergio Martino, Napoli spara (1975) di Mario Caiano, Morte sospetta di una minorenne (1975) di Sergio Martino, Italia a mano armata (1976) di Franco Martinelli e Assassinio al cimitero etrusco (1982), ancora di Sergio Martino, Due strani papà (1983) di Mariano Laurenti. Erano questi i tempi in cui Mattioli non aveva ancora il suo nome in cartellone, eppure l’attore c’era e si sentiva. Si percepiva già allora, insomma, che sarebbe esploso, che sarebbe diventato un protagonista. I registi, già dalle sue prime apparizioni, si erano accorti di questa maschera bonaria, di questa prepotenza scenica, e ne coglievano, di film in film, i particolari.  In questo senso si sono mossi subito dopo registi come Sergio Martino, Carlo Vanzina, Neri Parenti, Carlo Vanzina, Pierfrancesco Pingitore.

Maurizio Mattioli: “una spremuta di sangueee…”

Mattioli, in fin dei conti, è un comico maturato al cinema negli anni ottanta, quindi in un momento storico in cui è la televisione a trionfare. Tempi assolutamente più difficili per riuscire a trovare una collocazione che non fosse la più estrema possibile. Come le pronuncia Mattioli, ad esempio, battute come “cor compagno de fora”,  “ma va a morì ammazzato, te, e quelle quattro zoccole”, “le emorroidi me battono come nacchere”,  “sai che te dico, se vonno la guerra, l’avrebberooo”,“ odora un po’ sta ascella, senti se puzza…”, “in quanto a classe ce sto io, faccio un bucio de culo a tutti…”,  “…a deviato…”, “glie l’hai incastrata come un diamante, ma che sei Bulgari”…. restano da antologia. E come disquisisce, ancora, proprio una dottrina, sulle emorroidi, sulla ascella sudata, sull’alitocattivo. Infatti, se vogliamo, le caratterizzazione più importanti, mature e solide di Mattioli rimangono condensate nei film Fratelli d’Italia (1989) e Tifosi (1999), entrambi diretti da Neri Parenti, in cui Mattioli, coadiuvato da Angelo Bernabucci (altra maschera romana scovata ai Fori Imperiali da Carlo Verdone), dava vita ad un esilarante sipario, degno di un Totò-Peppino delle migliori annate. Questi episodi restano, secondo noi, capostipiti assoluti anche di plautina memoria. Perchè restiamo sempre là, l’antenato di ogni battuta in romanesco e sempre lui, Plauto, con la sua comicità anche essenzialmente fisica, di corpo. Certo, vedi Mattioli e puoi pensare: incarna veramente bene il popolo romano più diretto, quello non inquinato dalla cultura, dal risultato della cultura anzi, che è l’ipocrisia. Poi vai oltre e ripensi: la cultura per gli uomini è come l’addestramento degli animali offesi ed intimoriti nei circhi equestri. Ma non trasciniamoci in teorie o messaggi filosofici, la sede non lo richiede, ma il personaggio Mattioli davvero ha, in fin dei conti, questo condotto diretto. Non è cosa di poco conto poi se illustri semiologi oggi (pensiamo ad intellettuali come Umberto Eco, Alberto Arbasino, Nicola Fano, Goffredo Fofi)  soffermano spesso la loro penna sull’interpretazione di questa cultura “triviale”, sostenendo tenaci, e vivacemente, che è netta e matura l’idea di ricostruire una storia d’Italia proprio attraverso l’evoluzione del linguaggio comico, anche quello esasperato dei ritmi del cinema, del teatro, della televisione, della letteratura. Come dire: questo è altro che cinema superficiale, come denunciava spesso la cultura del potere, è altro che cinema inutile, diseducativo, non attento ai valori. Questo è un cinema, perchè no, che ha svelato invece la volgarità, che può essere quella del paese. Perchè tra ruberie, inciuci e quant’altro, è proprio il paese ad essere decisamente più volgare delle maschere di Mattioli, anzi ne ispira proprio le fattezze, ne fotografa l’ansia e lo stato d’animo. Cercheremo di capire. Il tempo che passa e gli intellettuali ed i semiologi che verranno saranno rivelatori in questo senso. 

Maurizio Mattioli: “una spremuta di sangueee…”
Oggi Maurizio Mattioli è nelle sale con  Buona giornata, l’ultimo film di Carlo Vanzina, dove divide il proscenio con autentici capisaldi del cinema italiano, Lino Banfi, Diego Abatantuono, Christian De Sica, Vincenzo Salemme. Carlo Vanzina, insieme al fratello sceneggiatore Enrico, ha sempre creduto moltissimo nelle qualità attoriali di Mattioli, infatti dietro la loro direzione l’attore è proprio cresciuto, superando di fatto il personaggio più sfrontato e sempre più conosciuto ed amato dal grosso pubblico. C’è un film ad esempio che è foriero in questo senso, Il pranzo della domenica, diretto nel 2006 da Carlo Vanzina, dove Mattioli divide le scene con attori come Giovanna Ralli, Massimo Ghini, Rocco Papaleo, Barbara De Rossi, Galatea Ranzi, in un concerto di sapienza d’attore assoluta: questo film è una bella commedia sentimentale, una tragicommedia anche, molto divertita certamente, ma lontana dal clichè abituale delle interpretazioni di Mattioli.  Il prossimo  Buona giornata,  in sala dal 30 marzo, è l’ottavo film che Mattioli gira con i Vanzina. Il debutto insieme è avvenuto con il film  Le finte bionde, realizzato nel 1989,  seguito da Tre colonne in cronaca del 1990.

Nel frattempo Mattioli diventa anche un volto notissimo della televisione ed alcune sue fiction sbancheranno, come si suol dire, l’auditel:  Ferragosto Ok (1986) di Sergio Martino, I ragazzi della terza C (1987) di Claudio Risi, Stazione di servizio (1989) di Felice Farina, Classe di ferro (1991) e Quelli della speciale (1992) di Bruno Corbucci, Anni 50 (1998)  Anni 60 (1999) di Carlo VanzinaUn ciclone in famiglia (2004) di Carlo Vanzina.  Da questa serie, di cui Mattioli è coprotagonista insieme a Massimo Boldi,  il personaggio Mattioli prenderà decisamente corpo e spessore nel contesto vanziniano: gira infatti i film  Un estate al mare (2008), Un estate ai Caraibi (2009),  La vita è una cosa meravigliosa (2010). Dopo sono venuti anche pellicole, campioni di incasso per il cinema italiano, come Immaturi (2011) di Paolo Genovese, Box Office 3D – Il film dei film (2011) di Ezio Greggio, Immaturi – Il viaggio (2012), ancora di Paolo Genovese.

Maurizio Mattioli: “una spremuta di sangueee…”

Confessa Mattioli di avere ancora, però, un grande sogno inevaso, un sogno legato al regista Luigi Magni,  ultimo cantore di una Roma ormai sparita. Dice Mattioli: “Un film sulla Roma papalina diretto da Gigi mi manca. Quanti ne avrei, storicamente dico, di caratteri adatti da cui attingere”. D’altra parte Maurizio Mattioli in teatro è stato anche un eccellente mastro Titta, in una delle ultime riprese del glorioso testo di Rugantino di Pietro Garinei e Sandro Giovannini con Enrico Brignano (lo stesso Magni, con l’apporto di Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa, ha collaborato alla stesura del testo definitivo), dove ha avuto proprio l’onore di interpretare la maschera che era stata, in passato, del mitico Aldo Fabrizi (contraltare di Nino Manfredi-Rugantino, nella prima edizione del 1962). Un Aldo Fabrizi che rimane sempre, davvero, il maestro di tutti i grandi comici romani. Queste sono, pensiamo, assolute ed indelebili certezze, significative più di qualsiasi medaglia o cimelio alla carriera. Infatti, come ci ha spiegato infine Maurizio Mattioli, il personaggio di mastro Titta, “er boja de Roma”, rimane una delle sue più grandi soddisfazioni, dettata anche dal precedente di Aldo Fabrizi.

Giovanni Berardi 


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