Io sono un pessimo amico, e Mauro se ne è accorto.
Sono uno che non dà molto affetto, e più invecchio e meno sono portato a darne. Sbrigativo nelle nostre rare telefonate, implacabile nel valutare le sue avventure letterarie.
Ecco, uno come lui si merita – e ne aveva molti – amici migliori di quanto ho saputo essere io.
Quando ci sentivamo mi tirava per i piedi fuori dalla mia pigrizia.
Mi invitava a scrivere, a muovermi, a svegliarmi.
E io dopo ogni nostra telefonata ero un po’ felice per i suoi sforzi e un po’ frustrato perchè sapevo che tanto io non mi muovo, nè mi sveglio.
Lui invece si era mosso ed era sveglio, parecchio sveglio.
Ed ora che stava ottenendo quello per cui aveva lavorato trent’anni, ora che Garibaldi andava da Dio e che Veleno stava per avere un seguito, ora, cazzo, mica se ne doveva andare.
Mi restano le chat per decidere le battute di Spinoza con lui e Stark, in un tempo che Spinoza era una roba piccina. Mi resta la copia di Veleno che mi ha spedito. Mi resta la sua gioia di quando parlava delle sue bambine o degli applausi a Parigi e a New York.
Oggi se ne va Mauro, oggi si chiude definitivamente Zabajone, la nostra avventura insieme.
E a me resta il rimpianto di non aver nemmeno mosso il culo, una volta, per incontrarlo dal vero.
Magazine Diario personale
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