Anche in Italia si incomincia ad intravedere una nuova alba: seppur con ritardo anche la Capitale apre le proprie porte all’arte contemporanea, con quattro mostre al Maxxi.
Il Maxxi è un opera irresistibile che lascia senza fiato i curiosi di ogni età, soprattutto quando si varca la soglia d’entrata e si fa l’esperienza fisica di uno spazio fluido, “liquido” , continuo e senza pareti, modulato da fonti di luce naturale artificiale, così maestoso che può competere con l’imponenza del Colosseo e con la metafisicità dell’Eur e l’impatto scenografico di Cinecittà.
Il Maxxi si trova nel quartiere Flaminio di Roma , occupa 29 mila mq di superficie e si apre su una grande piazza in parte piantumata che offre ai visitatori un luogo e una sosta di relax dove attualmente si trova “Calamità cosmica”, monumentale scheletro di Gino De Dominicis ( 1948-1998 ), artista eclettico e geniale che rappresenta il XXI secolo a cui è dedicata una personale da non perdere poiché riassume 40 anni di attività che riflettono criticamente le neoavanguardie del secondo Novecento ( catalogo Electa).
Particolare attenzione merita la sezione “Spazio” , capace di fagocitare lo spettatore ed ingloba una sezione ad hoc dedicata al progetto Net inSpace, a cura di Elena Giulia Rossi: un viaggio che esplora le contaminazioni tra mondo virtuale e quello fisico attraverso le opere di Miltos Manetas e Bianco- Valente, Sthphen Vitello e altri e una sezione dedicata a Fabio Mauri e due opere realizzate da Maurizio Mocchetti e Massimo Grimaldi
All’interno del museo, circa 10 mila metri quadrati sono occupati dalla superficie espositiva, mentre altri 6 mila sono destinati a servizi: auditorium, bibliomediateca, caffetteria e ristorante. La collezione permanente di arte contemporanea vanta 350 opere e 75 mila disegni di architettura tra il Novecento e Duemila, non stupisce che in questo nuovo tempio piattaforma del nuovo: arte e architettura si confrontino dialetticamente tra loro in uno spazio flessibile, creando percorsi trasversali. Di stupefacente c’è che non è possibile raccontare la mostra Spazio , poiché bisogna viverlo per capirlo, addentrarsi nelle quattro sezioni tematiche: “ Naturale artificiale “ , “Dal corpo alla città”, “ Mappe del reale” e “ La scena e l’immaginario”. Fra le altre indimenticabili opere per lo più monumentali, qui fanno capolino tre grumi scuri di Lucio Fontana, l’Italia Porta di Luciano Fabro , gli igloo di Mario Merz, un cielo visionario di Anselm Kiefer, la mappa di Boetti che dialoga con le tende di Studio Orta, l’arazzo di Kentridge, opere di Giuseppe Penone, poiil video di Grazia Todei, di Francesco Vezzoli e altri protagonisti del nostro tempo. Da non perdere c’è l’installazione di Studio Azzurro, “Geografie italiane”, che occupa una parte di 40 metri: è un racconto interattivo sull’architettura italiana degli ultimi 60 anni, composto da spezzoni cinematografici, interviste , fotografie, disegni, rielaborati e mixati in maniera spettacolare e scenografica. Al Maxxi la protagonista è la percezione dello spettatore di uno spazio “sensoriale” , mai uguale, e sempre aperto ad infinite combinazioni per dare spazio a nuove forme, materiali e linguaggi.
C.F.