Il nuovo ospite di “L’autore straniero racconta il libro” è la scrittrice francese MAYLIS DE KERANGAL
Sono davvero molto felice di poter ospitare questo intervento della scrittrice francese Maylis de Kerangal nell’ambito dello spazio di Letteratitudine riservato agli autori stranieri tradottI in Italia. Maylis è nata a Le Havre nel 1967 ed è autrice di numerosi romanzi. In Italia Feltrinelli ha pubblicato Nascita di un ponte (2013; Premio Médicis 2010, Premio von Rezzori 2014) e quest’ultimo (protagonista di questo nuovo post della rubrica “L’autore straniero racconta il libro“) intitolato Riparare i viventi (2015) che in Francia si è aggiudicato diversi premi letterari, tra cui il Grand Prix RTL-Lire 2014.
Si tratta di un romanzo importante (ben scritto e ottimamente tradotto da Maria Baiocchi e Alessia Piovanello) che tratta un tema forte e delicato: quello dell’espianto e del trapianto di organi.
Riporto, qui di seguito, la scheda del libro.
Tre adolescenti di ritorno da una sessione di surf su un pullmino tappezzato di sticker, tre big wave rider, esausti, stralunati ma felici, vanno incontro a un destino che sarà fatale per uno di loro. Incidente stradale, trauma cranico, coma irreversibile, e Simon Limbres entra nel limbo macabramente preannunciato dal suo cognome.
Da quel momento, una macchina inesorabile si mette in moto: bisogna salvare almeno il cuore. La scelta disperata dell’espianto, straziante, è rimessa nelle mani dei genitori. Intorno a loro, come in un coro greco, si muovono le vite degli addetti ai lavori che faranno sì che il cuore di Simon continui a battere in un altro corpo.
Tra accelerazioni e pause, ventiquattr’ore di suspense, popolate dalle voci e le azioni di quanti ruotano attorno a Simon: genitori, dottori, infermieri, équipe mediche, fidanzata, tutti protagonisti dell’avventura, privatissima e al tempo stesso collettiva, di salvare un cuore, non solo organo ma sede e simbolo della vita.
Anticipo che Maylis de Kerangal sarà mia prossima ospite della trasmissione radiofonica di libri e letteratura (”Letteratitudine in Fm“) che curo e conduco su Radio Hinterland (nella fattispecie mi avvarrò del preziosissimo servizio di interpretariato di Sonia Folin).
Massimo Maugeri
P.s. Nelle precedenti puntate abbiamo ospitato: Glenn Cooper, Ildefonso Falcones, Joe R. Lansdale, Amélie Nothomb, Clara Sánchez, Gabrielle Zevin, Caroline Vermalle, John Scalzi, Amos Oz
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MAYLIS DE KERANGAL racconta RIPARARE I VIVENTI
Questo libro è un romanzo corale. È una storia collettiva nata nel solco di un’esperienza di lutto e di perdita. L’ho scritto proprio per dare forma, attraverso il linguaggio, a questa esperienza di morte di persone a me care che nel 2012 mi ha colpito a più riprese. Avevo dunque l’esigenza di scriverne. E tuttavia, anziché raccontare le cose per come sono accadute realmente, ho cercato di metabolizzarle e di trasformare il dolore in un canto che ha dato vita a “Riparare i viventi”.
Uno dei personaggi chiave del romanzo è Simon Limbres: un giovane che ama il surf e che ama la vita. Al ritorno di una di queste sessioni di surf, accade un incidente automobilistico. Simon si trova insieme ad altri tre amici, ma è colui che subisce le conseguenze più devastanti: trauma cranico e morte encefalica.
Accade tutto molto in fretta. I genitori vengono subito contattati e messi al corrente della vicenda. C’è poco da fare per il ragazzo e viene chiesto loro se è possibile operare un prelievo di organi per donarli ad altre persone. Tra i vari organi ci si concentra soprattutto sul cuore, che nel libro è anche un simbolo. Il simbolo dell’amore, ovviamente. In effetti Simon, prima di essere coinvolto nell’incidente, vive un’esperienza amorosa molto intensa con Juliette, la sua fidanzata. C’è una scena, nel romanzo, dove si consuma un bacio appassionato tra Simon e Juliette. Mi premeva mettere in risalto il fatto che Simon fosse un ragazzo nel pieno della vita e nel pieno di una storia d’amore: un giovane liceale di 19 anni, con il cuore intriso - appunto - di questa esperienza amorosa e di gioia di vivere.
Quella che desideravo raccontare, però, non è solo l’esperienza difficile e dolorosa di singoli individui che devono affrontare una tragedia. Lo accennavo all’inizio: “Riparare i viventi” è un romanzo corale, una storia collettiva dove interagiscono tanti personaggi. Un ruolo fondamentale è svolto da Marianne, la madre di Simon. È lei che per prima viene messa a conoscenza della tragedia. Ed è lei che, nel momento in cui capisce che lo stato di Simon è irreversibile, si prende il compito di trasmettere questa dolorosa consapevolezza agli altri, compreso il marito.
Marianne vive separata dal marito: un uomo solitario e difficile. A seguito della tragedia, i due genitori hanno reazioni che al tempo stesso sono simili, ma distanti. In un certo senso il tragico incidente in cui si trova coinvolto Simon segnerà anche una sorta di “riparazione” della relazione tra questi due genitori. Nel momento, però, in cui viene domandato loro se il figlio avesse mai manifestato in passato il desiderio di donare i propri organi, il padre e la madre reagiscono in maniera molto diversa. Marianne è più avanti, più aperta… mentre la reazione di suo marito è più violenta.
Sebbene avvolta da un dolore indicibile, Marianne si sforza di capire, di cercare un senso. Il padre di Simon, invece, non riesce ad accettare la tragedia. Poi, a mano a mano che la storia procede, decideranno insieme di relazionarsi al personale medico e paramedico in rappresentanza del figlio. Acconsentiranno all’espianto degli organi come se fosse una decisione dello stesso Simon… non la loro. Diranno: “noi stiamo parlando a nome suo”. E questo è un momento di forte unione della coppia, di ricomposizione. Quest’uomo e questa donna che, per varie ragioni, non riuscivano più a stare insieme, si ritrovano uniti da questa tragedia e da tutto ciò che essa comporta.
L’esperienza della scrittura di questo romanzo per me ha rappresentato una sfida molto importante anche dal punto di vista letterario. Volevo rappresentare non una sola voce, ma un insieme di punti di vista differenti. E volevo descrivere i personaggi e le loro vite, raccontandoli all’interno di una dimensione quotidiana direi quasi banale… ma al tempo stesso inserendoli nell’ambito di una collettività che è superiore alla somma dei singoli; un gruppo sociale che è molto più forte della somma delle singole parti che lo compongono.
Ecco. Credo che, in fondo, sia proprio questo il senso del romanzo. Questa somma di saperi e di competenze che convergono nel desiderio di portare a compimento un progetto comune di così grande importanza. E la narrazione segue proprio questo percorso: quello di un romanzo dove non vengono presentati singoli personaggi, ma un’intera collettività. Anche se, in fondo, se dovessimo individuare un personaggio principale, non potrebbe che essere lui: il cuore.
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© Feltrinelli editore
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