Poco prima dell’ultima Fiera del libro di Abu Dhabi, Marcia L. Qualey (la blogger di Arabic Literature in English) ha intervistato – per la rivista della Fiera – il poeta palestinese-islandese Mazen Maarouf, ospite della manifestazione letteraria, durante la quale è intervenuto in diversi panel, sia in qualità di poeta, sia come traduttore.
(Quando ero lì mi ha detto che sarebbe venuto presto in Italia per un festival letterario, quando sarà ve lo dirò).
di Marcia L. Qualey *
Maarouf, di origini palestinesi ma cresciuto a Beirut come rifugiato, è diventato da poco un islandese. Arrivato in Islanda nell’autunno del 2011, da allora ha abbracciato la piccola nazione-isola, ottenendo la cittadinanza alla fine del 2013.
Prima di allora Maarouf è stato il primo scrittore ad essere ospitato dall’International Cities of Refuge Network (ICORN) di Reykjavik, periodo durante il quale ha scritto molto. Oltre ad avere due collezioni di poesie quasi pronte, scritte dopo la pubblicazione del suo ultimo libro (ملاك على حبل غسيل, “Un angelo sulla corda stendipanni”, Riad al-Rayyes, Beirut 2012), è molto attivo sul fronte della traduzione di opere islandesi in arabo, traduzione fatta attraverso la mediazione dell’inglese.
“Ho cominciato a tradurre queste poesie perchè mi sentivo un po’ responsabile – ha detto Marouf. Mi sono detto che essendo l’unico poeta dal Medio Oriente che viveva in Islanda avevo l’obbligo di tradurre queste poesie in arabo”.
Sebbene Maarouf si sia messo a tradurre all’inizio solo “per amore della poesia”, è stato molto felice di aver scoperto che molti giornali e siti online erano interessati a pubblicarle: “Quindi ora la poesia islandese è sotto l’occhio del microscopio mediorientale. Penso che sia un’ottima cosa”.
Una delle cose che Maarouf ama di più dell’Islanda è il fatto che spesso si imbatte in colleghi scrittori per strada. “Se per esempio stai traducendo un autore importante, molto importante, e ti capita di vederlo in un bar, puoi dirgli: ‘Possiamo vederci domani, perchè sto traducendo le tue poesie in arabo e ho bisogno di farti alcune domande ?’. E le persone dicono, ‘Arabo, wow, sì, sì’. Sono molto contenti di essere tradotti perchè sono solo 320.000 abitanti, mentre gli arabi sono 400 milioni”. E nonostante tutto, aggiunge Maarouf, in Islanda c’è una cultura della lettura e della scrittura molto radicata che fa sì che il dato dei 320 mila abitanti sembri più grande. E di questi, “Forse 220 mila sono poeti”.
La copertina della raccolta “Un angelo sulla corda stendipanni”
Come è facile immaginare, il poeta palestinese è stato accolto molto calorosamente sull’isola. Quando è uscita una raccolta di sue opere in edizione arabo-islandese, è finita tra i bestseller per diverse settimane. La prima edizione è andata esaurita in 10 giorni e la seconda ha continuato a vendere con ottimi risultati. “Forse hanno trovato il libro una cosa un po’ strana – ha detto Maarouf – ma hanno comunque continuato a comprarlo”.
Sebbene non sia in grado di dire se un poeta islandese in particolare abbia influenzato il suo lavoro, Maarouf ha detto che ogni volta che traduce un poeta impara sempre qualcosa. E non vale solo per per i poeti che traduce, ma anche per ogni poeta che ha letto e che gli è piaciuto, “A partire da Nizar Qabbani”.
Qabbani, lo stra-letto poeta siriano noto (tra le altre cose) per il suo amore per la poesia, è stato tra i primi a cattura l’immaginazione del giovane Maarouf. Un insegnante di scuola superiore lo aveva aiutato a capire meglio la poesia proprio quando Maarouf si era innamorato di una ragazza vicina di casa. “Avevo la poesia e la ragazza. Dovevo dedicarle un poema” – ha detto Maarouf. “Bè, a quanto pare, la ragazza è sparita, ma la poesia è rimasta con me”.
Dopo aver letto Qabbani, Maarouf ha continuato a leggere i lavori del poeta palestinese Mahmoud Darwish:
“Leggerlo mi ha trasformato, nel senso che mi ha reso un poeta serio e responsabile. È stata la mia porta d’ingresso nel mondo della poesia”.
Tuttavia, dopo tanti anni, nelle poesie di Maarouf non si rintraccia un’influenza particolare nè di Qabbani nè di Darwish. Uno dei suoi traduttori inglesi, Kareem James Abu-Zeid, ha definito la sua poesia come “imprevedibile”, “strana”, “ossessivamente potente” e di una “stranezza pura che mi prende moltissimo”.
Maarouf ha affermato che nel suo lavoro stabilisce spesso un universo parallelo perchè: “Forse non sono davvero convinto della vita reale”. E sebbene si ispiri alla realtà, “Penso che a volte sia dura per me scrivere poesie ispirandomi a quello che vedo. A meno che non sia davvero molto bizzarro”.
Il poeta è anche un attivista: sebbene nelle sue opere non sia presente una chiamata alle armi esplicita, ha sottolineato che: “Per ogni palestinese è difficile restare neutrale quando si parla di politica”, e lui stesso è stato molto critico nei confronti dei leader politici palestinesi e dell’esperienza dell’OLP a Beirut durante la guerra.
L’anno scorso Maarouf è stato anche uno dei sei poeti ad apparire nel programma di al-Jazeera “Poets of Protest”, nonostante egli non scriva quel tipo di poesia che smuove la gente, di quelle che lui stesso era solito intonare durante le proteste a Beirut.
Al contrario, ha detto:
“Penso che in quanto poeti arabi abbiamo una responsabilità verso il Medio Oriente: quella di essere più razionali e più aperti alle discussioni”.
* La traduzione dall’inglese è mia