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Assolutamente sì, e mi piacerebbe farlo. Ma in un Paese come il nostro, nel quale i mass-media restituiscono una realtà artefatta e di comodo, credo sia fondamentale colmare il vuoto di verità che ne consegue e affondare la penna nelle tematiche più spinose. Ad ogni modo, l’opportunità di narrare il Sud in modo brillante mi attira molto, mi piacerebbe prima o poi scrivere i dialoghi di una commedia all’italiana moderna, tipo quelle di Virzì.3) D'altro canto, una certa idea oleografica e persino fatata delle terre del Sud - del nostro Sud pugliese in particolare - in questi anni di eccezionale successo turistico sembra aver tracimato contaminando la realtà e inducendo i media a trasmettere una idea assai inaffidabile di questi luoghi: o sono il ricettacolo di ogni male o sono la terra del divertimento puro e dell'incanto, senza via di mezzo. Qual è l'atteggiamento di uno scrittore dinanzi a questa bizzarra forma di rappresentazione?Effettivamente, siamo narrati, e ci narriamo, con un atteggiamento… provinciale. È come se da noi non potessero svolgersi storie “compiute” a prescindere dal territorio, ma solo vicende mediate dalle peculiarità dei luoghi. Personalmente, questa tendenza mi pare soffocante e, nel mio piccolo, scrivendo Il cromosoma dell’orchidea ho cercato di muovere un piccolo passo che secondo me procede in una direzione opposta, superando la logica del localismo ingombrante e preferendo invece riferimenti ai luoghi di natura meno esplicita e più allusiva.4) parliamo di lingua e di stilemi: nei tuoi romanzi la componente dialettale ha un'importanza notevole ma non mi sembra la si possa dire dominante nella costruzione dell'impalcatura narrativa. Il tuo è un modo di procedere molto cinematografico, un incedere nel quale, credo, il vernacolo si amalgama senza sforzo al resto grazie soprattutto alla tua abilità di scrittore, nel tentativo di restituire quanto più fedelmente possibile la realtà che ti interessa descrivere... è così?Approfondisco la risposta precedente. Io credo che il “dove” della narrazione, che non deve essere decisivo ma neppure del tutto assente, debba desumersi dalla musicalità del linguaggio, dalle aspirazioni dei personaggi, dalle descrizioni del clima. Invece oggi il localismo consiste spesso nell’utilizzare la toponomastica di una determinata città nella descrizione, per dimostrare che la storia narrata è tipica di Bari, Roma o Napoli, anche se magari si tratta di una vicenda che potrebbe avvenire ovunque. Rispondendo in modo preciso alla tua domanda, credo che il linguaggio (dialetto o lingua italiana con impronta vernacolare) sia solo una tessera del mosaico narrativo, una modalità tecnica da usare con misura e giudizio al servizio della narrazione, e non debba mai diventare un elemento dominante.5) cosa dobbiamo aspettarci nel futuro da Carlo Mazza?La scrittura per me è un’attività continua, che non si interrompe mai. Credo di avere ancora molte energie da spendere e, d’altra parte, la realtà fornisce stimoli formidabili.
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