I meccanismi di formazione delle code cometarie sono assai complessi infatti si intrecciano e si influenzano vicendevolmente producendo, all’apparenza, effetti contrastanti e privi di “buon senso”.
Il meccanismo principale consiste nell’interazione tra i fotoni emessi dal Sole e le particelle rilasciate dai nuclei cometari. I fotoni esercitano sulle particelle una piccolissima pressione, detta “pressione di radiazione”, dovuta al trasferimento di parte dell’energia, in particolare del momento, veicolato dai fotoni alle particelle cometarie. L’efficienza di questo processo fisico diminuisce col quadrato della distanza dal Sole.
Questa pressione (stimata in 5 milionesimi di Pascal ad una distanza di 1 U.A.) influenza maggiormente le particelle di piccola massa rispetto a quelle di grande massa. Ciò fa si che le particelle più grandi, risentendo meno dell’effetto di Poynting-Robertson, vengono meno respinte, restando prossime al nucleo, a differenza di quelle più piccole che vengono “iniettate” velocemente nella coda. Queste ultime si allontanano con grande velocità dal nucleo e dall’orbita, disseminandosi in vaste regioni pressoché complanari con l’orbita stessa.
Quando una particella abbandona il nucleo può seguire due traiettorie diverse, entrambe influenzate dal contributo della pressione di radiazione incidente su di essa:
• sincrone: le traiettorie sincrone si verificano quando le particelle rilasciate nello stesso istante formano curve poco evidenti;
• sindinamiche: le traiettorie sindinamiche si verificano quando le particelle rilasciate in tempi diversi seguono percorsi molto curvi.
A causa dei molteplici effetti appena esposti possiamo affermare che le comete possiedono numerose “code”, diverse per composizione strutturale, forma e caratteristiche fisiche.
Sino al 1997 si credeva che questi corpi potevano generare al massimo due code ben distinte, la coda di polvere e la coda di ioni, finché Gabriele Cremonese dell’Osservatorio Astronomico di Padova, analizzando le immagini della cometa Hale-Bopp, scoprì l’esistenza di una terza coda costituita da atomi di sodio neutro. Questa scoperta è stata ulteriormente ampliata da un’altra, avvenuta nel 2006, ad opera del satellite per osservazioni solari STEREO che ha evidenziato nella cometa McNaught la presenza di una debole coda di atomi di ferro neutri.
Coda di sodio (nella parte sinistra) e coda di polvere nella cometa Hale Bopp. Gabriele Cremonese, Osservatorio Astronmico di Padova.
Ciò porta il totale delle possibili “code” a quattro: coda di polveri, coda di ioni, coda di sodio e coda di ferro.
Ovviamente non tutte le comete sviluppano necessariamente tutte le code al passaggio al perielio in quanto esse sono strettamente legate alla composizione e alla grandezza del corpo.
Sabrina
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