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MEDEA - di Euripide

Creato il 29 agosto 2011 da Ilibri

Compiango poi il tuo dolore, madre sventurata,
che ucciderai i tuoi figli
per il letto nuziale
che il tuo sposo ha empiamente lasciato
per vivere con un'altra donna.

Medea appartiene alla tradizione mitologica che ha radici nell'epopea degli Argonauti, mito antecedente a Omero. Euripide, nel 431 a. C., recupera questo personaggio tragico e lo riveste di nuovi significati, descrivendo una donna con sfumature fino ad allora sconosciute al teatro greco.

Trama

La vicenda si svolge a Corinto, dove Medea vive con il marito Giasone e i suoi due figli. Medea ha origini straniere, proviene dalla lontana terra di Colchide, ma grazie all'aiuto offerto a Giasone per recuperare il Vello d'Oro, ha avuto la possibilità di vivere per quasi dieci anni in terra di Grecia. La sua esistenza è però tragicamente sconvolta dall'abbandono da parte di Giasone, il quale accetta di prendere in moglie Glauce, figlia del Re di Corinto, Creonte.

La vicenda vera e propria si apre con la descrizione della disperazione di Medea, donna ferita e tradita dal suo amato, verso il quale nutre odio e desiderio di vendetta.

Fingendosi rassegnata ad andarsene da Corinto, offre in dono alla figlia di Creonte un mantello pieno di veleno. La giovane donna, ignara del tranello, indossa il mantello e muore in pochi minuti tra strazianti dolori. Il padre Creonte cerca di soccorrerla, ma il contatto con il mantello risulta fatale anche per lui.

La vicenda ha come esito una tragedia ancora più grande: Medea, non soddisfatta della propria vendetta, decide di uccidere anche i due figli, affinché Giasone possa restare completamente solo e conduce via con sè i cadaveri dei fanciulli verso la reggia di Egeo ad Atene.

Medea

Medea rappresenta uno dei personaggi femminili più importanti della storia del teatro classico, poiché espressione di forza, coraggio, passione e fragilità.
In lei sono presenti due anime in eterno conflitto: la donna, ferita dall'abbandono del proprio sposo, e la madre, desiderosa di risparmiare ai propri figli il dolore di quella perdita.
Il desiderio di vendetta, tuttavia, ha la meglio sulla pietà, e il bisogno di punire colui verso il quale ha compiuto atti tragici solo per amore diventa più forte dell'amore verso i figli.
La tragedia, seppur risalente al V secolo prima di Cristo, affronta temi molto attuali. Medea rappresenta una donna padrona del proprio destino, capace di sacrificare la propria vita in nome dell'amore, ma nello stesso tempo dotata di intelligenza e astuzia, che utilizza come armi di vendetta nel momento in cui quell'amore viene tradito miseramente.
Medea, inoltre, è vittima della paura dell'estraneo, poiché è straniera in terra straniera e alla fine si ritrova ad interpetare esattamente il ruolo negativo che le viene pregiudizialmente affidato.
Dopo quasi 2500 anni la tragedia di Euripide è capace di condurre lo spettatore verso luoghi inesplorati dell'animo umano, costringendolo a riflettere sulla complessità del dolore come causa scatenante di gesti moralmente inaccettabili, ma umanamente comprensibili. Medea uccide i propri figli, si macchia della colpa più grande che ci si possa immaginare, tuttavia lo spettatore, o meglio ancora la spettatrice, si ritrova a provare pietà per lei, pur sempre vittima di un uomo traditore e superficiale, capace di abbandonare la propria sposa non per una passione nuova, ma in vista di un potere tutto terreno.

Medea desidera l'amore.
Giasone desidera il potere.
Quale desiderio può portare più distruzione?
Allo spettatore l'ardua sentenza.


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