Anno: 2012
Durata: 88′
Nazionalità: Iran
Genere: Drammatico
Regia: Alì Mosaffa
“Non riesco neanche a ricordare il tuo viso”, così il volto in primo piano di una donna compare sullo schermo a raccontarsi dietro una veletta nera mentre svela la propria verità più intima. Gli occhi umidi per le lacrime trattenute alternano ad una aria meditabonda scritta sul suo volto contratto, l’abbandonarsi ad una risata frenata. Un altro viso a seguire occupa lo schermo, quello di un uomo che ad occhi socchiusi rulla su uno skate nelle vie principali di una Terhan tutta cemento e macchine che sfrecciano. Così i protagonisti sono immediatamente visibili, riconoscibili, nelle immagini che sembrano definirli maggiormente. Diventano indizi i due volti, verità accennate che per tutto il film cercano di motivarsi, di palesarsi di fronte ad uno spettatore attonito per quei vorticosi salti temporali sui quali il film, The Last Step, si costruisce.
Il presente diventa disorientante, confuso, contraddittorio ed un continuo ridondante intrecciarsi tra il passato ad un futuro che sembra già scritto nel film, prova a risolversi attraverso la voce narrante che pare interrogarsi sui perché di un’esistenza fallita, di un amore mancato e di una vita ormai prossima alla fine.
Come se il film fosse già trattenuto nella sua prima sequenza,il regista Alì Mosaffa, riprende la suggestione intimista dell’ultima novella di Gente da Dublino – The Dead - di Joice, per raccontare la storia di un amore mancato tra una coppia e del ricordo di un altro uomo che torna alla mente sulle note di una canzone iraniana durante un funerale. Protagonista femminile dell’ultimo acclamato film di Farhadi, Una separazione, Leila Hatami, anche moglie del regista, doppia il suo ruolo e impersona un’attrice acclamata in Iran, che recita il ruolo che presto impersonerà nella vita, vedova di un uomo, la cui figura evanescente di fantasma, nei panni di una malinconica voce narrante, diventa più reale di quanto non fosse da viva. Fondando ciò che rimane dei suoi giorni sul riscatto, quest’uomo impalpabile, riguarda la propria vita, e andando alla ricerca dell’amante della moglie, ritorna nel suo paese natale, a quelle origini che i protagonisti,in cambio di un’esistenza borghese, sembrano essersi lasciati alle spalle.
Non c’è spazio per la politica nell’ultimo film intimo e malinconico di Mosaffa, né tantomeno per la religione o l’idea convenzionale dell’Iran, ma tra i salti temporali ed una sceneggiatura stratificata di trame e le diverse strade che si dipanano, la dimensione dichiaratamente meta cinematografica – recitare in un film dentro un film – lascia pensare quanto un Paese possa raccontare di sé attraverso il cinema.
Martina Bonichi