L'unica persona che ebbe il coraggio di parlarci dell'effetto Werther fu la nostra prof. di filosofia all'ultimo anno dell'istituto magistrale dopo la lettura dei "Dolori del giovane Werther", e ricordo che una volta all'Università in un convegno il Prof. Tondo chiese chi del pubblico lo conoscesse, io fui l'unica che alzò la mano e poi spiegai cosa si intendesse, mi stupii che nessuno lo conoscesse.
Il sociologo David Phillips parla di “effetto Werther” con riferimento a “I Dolori del Giovane Werther” di Goethe, in cui si narra il suicidio del giovane protagonista in seguito ad una delusione sentimentale: il libro riscosse un grande successo e la sua divulgazione fu seguita da un incredibile numero di suicidi in tutta l’Europa. Il fenomeno fu talmente potente che alcuni Paesi proibirono la diffusione del testo. Un effetto analogo lo si osservò in Italia dopo la pubblicazione -nel 1802 - del romanzo di Ugo Foscolo “Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis”.Questa definizione è stata usata e utilizzata per approfondire gli studi relativi al suicidio e lo spirito di imitazione di tale gesto, in verità molti studiosi non concordano in toto sul fattore imitazione, ma é stato dimostrato statisticamente che lo spirito imitativo é alto nei soggetti in via di sviluppo e che l'atto possa attivare dinamiche già presenti in persone che si possano identificare con chi ha commesso il suicidio. Quindi a scanso di equivoci il fattore imitazione é comunque importante, sopratutto in chi non ha un senso di "non ritorno", come lo definisco io, insomma una persona molto giovane di solito non pensa troppo al fattore morte e di solito non ha elaborato abbastanza sul fatto che questo è un gesto in cui non si può tornare indietro, questo naturalmente é ovvio per i bambini e i giovanissimi. Questo fattore imitativo é uno dei motivi per cui "il suicidio" come gesto estremo é un tema non trattato nei media. Molti giovani pensano a tal gesto sopratutto nei momenti di crisi, ma il confine sta tra il pensarlo e l'attuarlo. Per fortuna spesso resta un atto incompiuto. Ma un bambino non ha la maturità mentale per pensare tutto questo. Perché parlo di questo? Notizia di oggi, purtroppo:
Un bambino di 12 anni si è impiccato a casa sua a New Delhi, probabilmente per imitare una scena di suicidio vista poco prima in TV. Lo riferisce l'agenzia di stampa Ians. Citando fonti della polizia l'agenzia precisa oggi che rientrando a casa da un funerale i genitori hanno trovato il piccolo, di nome Suhail, appeso ad un ventilatore da soffitto nella sua stanza di un quartiere orientale della capitale indiana. Per impiccarsi il bambino, che era figlio unico ed a quanto pare un fan dei serial criminali televisivi, ha utilizzato una 'dupatta' (lungo foulard) della madre per mettere in atto il suo gesto.
Ecco questo ragazzino, é stato in qualche modo portato ad imitare una scena televisiva senza pensare alle conseguenze. Oppure no. Fatto sta che era solo, i genitori guarda caso erano ad un funerale. Purtroppo non credo sia un caso che la tragedia sia stata concomitante. Era un fan dei serial criminali televisivi, é probabile che quando li guardava giocasse a fare "lo psicologo", "il poliziotto", ma fatto sta che questa esposizione alla morte vista come spettacolo in qualche modo l'ha, forse, condotto ad una visione troppo superficiale dei fatti e, all'insano gesto. Nel criminal lui sa che l'attore finge, ma forse non sa bene che nella realtà la morte non è una finzione. Forse era anche un consumatore di videogiochi violenti - ipotizzo- ma sicuramente é mancata la comunicazione o meglio dire, la giusta "alfabetizzazione ai media", i genitori, gli adulti, la scuola sono fondamentali in questo tipo di educazione perché il videogioco, la TV violenta non può essere un surrogato della famiglia. Gli adulti di riferimento hanno l'obbligo morale e civile di spiegare i meccanismi della comunicazione nei media ed, il confine tra finzione e la realtà. Alcuni ricercatori hanno riscontrato che la comunicazione con i genitori sia una variabile fondamentale nell’ambito dell’influenza dei media sui giovani. Ma dove tale comunicazione sia scarsa o manchevole è più facile che si verifichi l’effetto negativo dei videogiochi violenti e dei media in genere, in quanto viene a mancare il ruolo protettivo ed esplicativo del genitore. Noi siamo molto più della somma di unici fattori e l'educazione é fondamentale per l'equilibrata formazione della persona. Un ultima considerazione: forse, anche non parlare del siucidio e dell'effetto Werther o, comunque non parlare mai del senso della morte che è vista come un vero e proprio tabù, produce gli stessi dannevoli effetti del parlarne troppo. In medio stat virtus, direbbe Orazio.