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Le medianeras sono quelle pareti nascoste, i lati necessari ma antiestetici di un palazzo che vivono nell'ombra, più che spesso senza finestre, usate ora come cartelloni pubblicitari che cercano di donar loro una dignità o un uso.
In queste pareti, una di fronte all'altro, vivono Martin e Mariana, senza saperlo, condividono pensieri e riflessioni su come una città caotica come Buenos Aires destabilizzi, privando prima di tutti dei propri spazi, costringendo a una divisione in classi in base alla proprio possibilità abitativa.
Martin, agorafobico, riesce ad uscire di casa solo con uno zaino con all'interno il suo kit di sopravvivenza, per il resto riesce a fare tutto via internet: lavorare, cibarsi, shopping, pure sesso.
Lasciato dalla fidanzata con un cane del quale si deve occupare, cerca l'amore. Come tutti.
Mariana, architetto, non ha mai costruito nulla, finendo per fare la vetrinista, si ritrova sola, nel suo vecchio appartamento, dopo aver sprecato 4 anni di vita con un uomo che non conosce più, cerca Wally fin da piccola e soprattutto cerca l'amore. Come tutti.
Martin e Mariana sono il simbolo di una generazione che sta nella via di mezzo tra i giovani e gli adulti che, in Argentina come altrove, ha dovuto fare i conti con la crisi, con il decadimento di una città che ha visto riempirsi e allo stesso tempo svuotarsi ogni suo spazio, modificandolo di volta in volta anche illegalmente.
Martin e Mariana sono soprattutto due ragazzi soli, apparentemente senza famiglia, senza amici e senza legami che non hanno un posto nel mondo pur avendone uno così piccolo e così instabile: la loro casa li rappresenta, gli spazi pieni, disordinati, l'accumulo di oggetti e di materiali, è il peso che a una vita fin troppo leggera vogliono dare.
Medianeras parte quindi come una semplice romcom, riprendendo lo stile più frizzante del filone indipendente americano, ma la rapporta fin da subito a una città, a una realtà che si deve considerare, a una situazione di crisi generale che rende il tutto meno leggero, in senso positivo.
Se infatti con la voice over dei ragazzi che riflettono e ci parlano di loro, il montaggio e la fotografia geometrica degna del Sundance, ci ritroviamo in una vicenda romantica, questa è più intelligente di molte altre che infatti superficialmente non lasciano il segno.
Con The Giant Mechanical Man assistevamo più o meno alla stessa situazione: un lui e una lei che iniziano a conoscersi, i problemi lavorativi e personali a fare da sfondo, e a spingerli ad unirsi.
Qui, è la crisi stessa, le soluzioni e i problemi (che siano due finestre illegali che fanno finalmente breccia nei loro appartamenti o il blackout improvviso che li fa scendere allo stesso negozio alla ricerca di candele) che finiscono per avvicinarli, quando prima, senza che se ne accorgessero, continuavano a sfiorarsi, a girarsi attorno senza vedersi.
Anche gli argentini quindi sanno fare delle romcom con i fiocchi, sanno attraverso il cinema sfruttare la loro crisi economica, e noi li andiamo a scoprire (chissà perchè poi, chissà cosa ha spinto finalmente i distributori a provvedere...) giusto quei 3 anni dopo, giusto dopo le innumerevoli, stanche e ripetitive commedie nostrane che invece ci banalizzano.
E nel farlo, nello scoprirli, veniamo coinvolti in questa ricerca continua di equilibrio e di amore, di situazioni paradossali che sfociano in un perfetto lieto fine che tanto fa bene.
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