Medianeras: La recensione in Anteprima

Creato il 21 agosto 2012 da Mistermovieit @mistermovieit

Locandina Medianeras

Nelle sale italiane il prossimo 24 agosto 2012, e la recensione in anteprima da noi: “Medianeras” vede alla regia l’esordiente Gustavo Taretto e racconta una storia semplicissima e diretta; presentato all’ultimo Festival di Berlino nella sezione Panorama, ricorda molto il film commedia “500 giorni insieme“, ma qui abbiamo una storia fatta di solitudine e di disagio, comune a moltissime persone, nelle metropoli come la Buenos Aires del film. Dopo il salto trovate la trama e la nostra recensione della pellicola. Martin (Javier Drolas) passa le intere giornate chiuso in casa davanti al pc, lavora come web designer e con il tempo si è isolato dal resto del mondo, e come lui stesso afferma: “Internet mi porta più vicino al mondo, ma più lontano dalla vita“. Per lui ormai esiste solo la rete, che gli porta tutto quello di cui ha bisogno: notizie, musica, film, giochi, spese, sesso e anche vita sociale grazie alle chat e ai social network. Mariana (Pilar López de Ayala), invece, si mantiene allestendo le vetrine dei negozi con i manichini, ma è in attesa di un posto di architetto; anche lei è un tipo piuttosto riservato, che fa fatica a fare amicizia, tant’è vero che per compagnia in casa si porta un manichino. Entrambi sono argentini e vivono nella caotica Buenos Aires e tutti e due hanno una storia alle spalle, che li ha lasciati distrutti dentro e fuori e sperano di incontrare in futuro l’anima gemella; sono vicini di casa, si sono incrociati parecchie volte, ma non si sono mai “visti” davvero.

Ascoltano la stessa musica, si emozionano davanti ai film di Woody Allen, soffrono entrambi di depressione e si trovano quasi per caso ad assistere al triste episodio del suicidio di un cane, forse frustrato quanto loro e stanco di un’esistenza solitaria. Nonostante il regista sia un perfetto sconosciuto, è riuscito a creare un piccolo capolavoro di sincerità e delicatezza pieno di spunti degni di emozioni vibranti; la regia riesce a non annoiare mai ed è capace di cogliere sempre l’angolo giusto per comunicare gli stati d’animo dei due protagonisti. I primi 5 minuti del film ci mostrano immagini di impatto visivo decisamente forte; la metropoli che con il suo cemento cerca di inglobare tutte le esistenze degli abitanti. Successivamente la voce narrante ci presenta i due protagonisti, che sono i trentenni disadattati di oggi, costretti a vivere in casermoni di cemento, senza alcuna possibilità di contatti veri tra le persone. Taretto dimostra anche una certa sicurezza che gli fa commettere anche qualche piccolo azzardo, inserendo qua e là qualche disegno e addirittura una breve sequenza animata, per sottolineare alcuni passaggi chiave del film. La pellicola non risulta mai forzata, ma al contrario sempre molto naturale e spontanea e rivela anche una grande opera di montaggio che di volta in volta riesce a comunicare nei punti giusti gli stati d’animo dei due protagonisti, quali la malinconia, la solitudine, ma anche quelle piccolissime gioie che strappano un sorriso.

Le idee che confluiscono nel film sono molteplici e risultano tutte ben delineate, nonostante la scarsa durata che può avere un film al cinema; possiamo trovare la struttura urbanistica ed architettonica delle grandi città,  l’isolamento che le caratterizza e la solitudine e le nevrosi che sanno creare nelle persone. Senza un cast all’altezza però, le cose non sarebbero funzionate altrettanto bene, ma sia Pilar Lopez de Ayala che Javier Drolas sono semplicemente perfetti per interpretare Mariana e Martin, veri nel far trasparire le emozioni e mai sopra le righe, moderati ma allo stesso tempo sempre coinvolgenti. Taretto riesce a raccontare una storia d’amore ai nostri giorni senza mai giudicare, ma con uno sguardo che va molto al di là della banalità e delle apparenze. Con anche sufficiente ironia, racconta la storia di due personaggi che si rincorrono a non finire senza mai vedersi, ma che alla fine aprono finalmente la finestra e lasciano entrare l’amore, che ancora oggi è l’unica cosa che dà un senso a vite vuote e perdute. In definitiva, un bel film, sicuramente da vedere, non consigliato però a chi soffre di depressione o di attacchi di panico.


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