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Ancora dall'intervista rilasciata per il blog di MediationHub, dove si riflette sull'importante attenzione del mediatore rispetto alle proprie pre-comprensioni e alla necessità di lavorare con il materiale che emerge sulla scena della mediazione.
Intervistatore: Come ti prepari per affrontare una mediazione?
M.S.Galli: Non mi preparo. Ogni preparazione, di fatto, anticipa e traduce la volontà delle parti in schemi preordinati. La scena della mediazione, invece, andrebbe contaminata il meno possibile con le pre-comprensioni del mediatore cosicché si abbassi anche il rischio che divengano pre-giudizi; questo significa che il mediatore dovrebbe avere un approccio ingenuo e il più possibile senza sapere. Per questo, anche nella mediazione commerciale, sarebbe meglio non anticipare l’incontro delle parti con la lettura di qualsivoglia documentazione o, se proprio necessario, leggerla e dimenticarsene subito dopo. Come diceva, credo Platone, il problema del testo scritto è che non può rispondere.
Intervistatore: Come e quando individui la strategia come mediatore? Come, se accade, la modifichi in corso d’opera?
M.S.Galli: Il mediatore, almeno nella mia personale concezione, lavora con il materiale linguistico, simbolico e narrativo che gli portano le parti. Le sue strategie, le sue tecniche, i suoi strumenti e dispositivi, non possono essere preconfigurati, ma partono da quel materiale e si modificano ogni volta che quel materiale muta e quel materiale muta proprio perché il mediatore se ne fa carico e comincia a trattarlo, a sgrezzarlo, a raffinarlo con le sue tecniche, le sue strategie, i suoi strumenti, i suoi dispositivi. È in questo circolo virtuoso, in questa ragnatela, che il conflitto viene catturato per trasformare quella cosa informe, sporca, incomprensibile, rabbiosa, in un oggetto di senso, un oggetto comprensibile da parte di tutti gli attori coinvolti nella mediazione.
Intervistatore: Ma non hai dei personali “rituali” preparatori o che fai durante la mediazione?
M.S.Galli: Se intendiamo come rituale non qualcosa di scaramantico, ma una scena che si ripete, più o meno costantemente e più o meno nel medesimo modo; sì, ce l’ho. Si tratta di una vera a propria strategia che mi gioco nelle prime battute in cui la mediazione prende abbrivo, prima che le parti inizino a parlare. È il discorso che il mediatore fa alle parti, un discorso fondamentale che dà subito un’impronta precisa alla mediazione, che tesse una vera e propria ragnatela per attrarre e catturare le parti. Come negli scacchi, anche in mediazione, le prime mosse sono non solo di un’importanza vitale, ma anche le uniche realmente programmabili, poi, dalla quarta, quinta mossa in poi le variabili diventano tanto numerose da non poterle più prevedere, anzi, almeno in mediazione, da rendere controproducente ogni previsione. È perciò determinante che proprio nel discorso iniziale il mediatore inizi a tessere la sua trama e i suoi orditi tra le cui maglie le parti cominciano a intuire, vedere, assaporare, respirare l’utopia che (se vogliono) li potrà catturare.
To be continued...
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Massimo Silvano Galli
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