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Medio Oriente, Stato Islamico e 5 conflitti incrociati

Creato il 10 gennaio 2016 da Gianluca Pocceschi @geopolitiqui

Il 2015 ha visto la polveriera del Medio Oriente occupare la maggior parte delle cronache planetarie e identifica il presagio di un 2016 all’insegna della genesi di ulteriori emergenze. Lo Stato Islamico denominato in arabo Daesh minaccia il mondo intero per bocca del suo Califfo al Baghdadi e ha effettivamente esportato il Terrore in posti anche lontani dalla regione arabo – islamica.

L’infatuazione per la guerra sta corrodendo la quasi totalità degli attori politici della comunità internazionale e la trasudazione della sindone dei martiri degli attentati di Parigi offusca uno scenario da girone infernale. Cinque conflitti possono essere identificati nell’area arabo -islamica.

Una guerra religiosa tra musulmani  sunniti e sciiti lacera oggi sette paesi della regione: Afghanistan, Iraq, Siria, Pakistan, Libano, Yemen, Bahrein e si manifesta sporadicamente in Kuwait e Arabia Saudita. In Malesia, lo sciismo è ufficialmente bandito. Su scala planetaria, gli attentati più indiscriminati, come quelli compiuti durante i pellegrinaggi, uccidono dieci volte di più musulmani che non musulmani.

La guerra religiosa che sembra opporre il Califfato alle altri religioni non è la realtà. La verità è che l’umma, la comunità dei credenti islamici, è in guerra con se stessa. L’esecuzione di Al-Nimr, il religioso saudita di fede musulmano sciita, insieme a altre 47 persone accusate di terrorismo ha scatenato una reazione dell’Iran, il più grande paese sciita, molto accesa e vigorosa. Il Fitna (scisma) tra sciiti e sunniti è in corso più vivo che mai.

La seconda guerra è quella condotta dai curdi per divenire padroni del suo destino, in particolare contro lo Stato turco. Un conflitto che prende le radici dal Trattato di Losanna del 1923 che distribuiva le macerie dell’Impero Ottomano dividendo il “Kurdistan” tra quattro paesi, Turchia, Siria, Iraq e Iran.

Ferite-ripetitive

La terza guerra oppone gli uni agli altri i diversi gruppi di islamisti a partire dalla prima guerra del Golfo (1990 – 1991) e ancor più dalle rivolte arabe. La rivalità più nota è quella tra i Fratelli Musulmani, sostenuti dal Qatar, e i Salafiti sostenuti dall’Arabia Saudita, in Egitto, in Libia e in Tunisia. Più di recente la concorrenza tra Al Qaeda e affiliati da una parte e i seguaci di Abu Bakr Al – Baghdadi, capo di Daesh, dall’altra è l’altro tetro di scontro.

Infine, una delle guerre più sanguinose, che ha fatto oltre 250 mila morti e milioni di rifugiati, è quella tra il presidente siriano Bashar al Assad e i gruppi armati suoi oppositori.

Ne manca una! Non poteva mancare l’intervento degli Occidentali che ha segnato la storia di questi popoli dagli accordi di Sykes – Picot del 1916 che videro la divisione coloniale tra Francia e Regno Unito della regione.

Da allora ne sono passate di guerre, dove gli Occidentali hanno messo lo zampino tra cui il conflitto tra Iraq – Iran negli anni Ottanta, la già citata prima guerra del Golfo (1990 – 1991) e l’invasione dell’Iraq nel 2003. Basta citare un dato a suggellare la presenza nei conflitti mediorientali. Barack Obama è il quarto presidente a spedire bombardieri in Iraq decretando 25 anni di aggressioni militari.

Ma perchè gli Occidentali intervengono oggi contro Daesh? Per difendere i principi umanisti? Dubito. Dal momento che tre dei paesi dell’alleanza continuano la pratica della decapitazione, lapidazione e tagliano ancora le mani ai ladi: il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti e sopratutto di gran lunga L’Arabia Saudita. L’intervento nel conflitto è per sancire una sorta di responsability to protect dei civili dai massacri? L’opinione araba fa fatica a crederlo visto che, due mesi dopo i 1.900 morti dei bombardamenti israeliani su Gaza rispetto ai quai le condanne dei governi occidentali sono state “stranamente” fiacche è bastata la decapitazione di tre occidentali per decidere di bombardare il nord dell’Iraq.

Daesh, in primo luogo appare come il paladino dei sunniti oppressi in Siria e in Iraq. Il 90% delle sue vittime è musulmano. In Afghanistan, Iraq, Siria e Pakistan, i morti negli attentati sono prima di tutto sciiti, poi “cattivi musulmani” (esempio i sufi), in seguito rappresentanti dei regimi arabi e solo all’ultimo posto membri di minoranze religiose o persone occidentali. (Le Monde Diplomatique – dicembre 2015).

Forse per il terrorismo? La strategia occidentale basata sui bombardamenti e sulla formazione di combattenti locali è fallita in Siria e in Iraq come in Afghanistan. Europei e statunitensi perseguono obiettivi che ignorano i meccanismi delle crisi interne al mondo arabo – musulmano. Più crescerà l’impegno militare, più aumenterà il rischio di terrorismo, prima della prevedibile resa dei conti tra Daesh e Arabia Saudita che sancirà lo scontro finale. Ma è davvero la nostra guerra?


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