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Megaupload SOPA e gli anni venti dell’era digitale

Da Pinobruno

Mettiamo il caso che la repressione del fenomeno del download illegale di contenuti multimediali non basti. Mettiamo il caso che il proibizionismo contribuisca invece ad alimentare l’illegalità e ingrassare i portafogli dei vari Kim Schmitz. Non ci siamo forse già passati negli Anni Venti, quando l’America puritana mise al bando il whisky e fece così la fortuna della criminalità organizzata? In fondo il boss di Megauplod arrestato dall’Fbi, “operava nel business della soddisfazione dei bisogni degli utenti in maniera non diversa da come  Al Capone faceva quando contrabbandava alcol”, scrive Gabriele Niola su Wired Italia. “Se così fosse, non dovremmo trarre una buona volta insegnamento dal passato?”, risponde il commissario dell’Agcom, Nicola D’Angelo, sul suo blog personale. 

Megaupload SOPA e gli Anni Venti dell’era digitale

 

Come possiamo dimenticarci – aggiunge D’Angelo – che dopo l’istituzione del proibizionismo, milioni di americani continuarono a bere approvvigionandosi sul mercato nero? Non solo, gli alcolici arrivavano attraverso canali di distribuzione alternativi, venivano prodotti in laboratori clandestini e spacciati in luoghi segreti cui si accedeva tramite parola d’ordineAl Capone fece la sua fortuna proprio sfruttando il proibizionismo”.

A questo punto Nicola D’Angelo suggerisce di sostituire la parola alcol con contenuti digitali e commenta: “perseverare con un approccio esclusivamente proibizionista, come quello dei progetti di legge SOPA negli USA o delle norme che puntano ad inasprire le pene contro la pirateria online in Europa e in Italia (dalla Hadopi all’emendamento “Fava”), avrà come unico effetto di farci inutilmente piombare negli “Anni Venti” dell’era digitale con un aumento delle attività illecite e un colpevole spreco di tempo e di energie di fronte all’ineluttabile vittoria del mercato e dei bisogni degli utenti”.

 

Megaupload SOPA e gli Anni Venti dell’era digitale

 

La soluzione, per il commissario dell’Agcom, “sta nel cambiare i modelli di pensiero, prima ancora di intervenire su quelli normativi e di regolazione”.

Nel condividere la tesi di D’Angelo, consiglio – a proposito di proibizionismo e Anni Venti – la serie televisiva Boardwalk Empire, proposta da Sky. D’ora in poi seguirò le puntate cercando di immaginare che le bottiglie di whisky siano contenuti multimediali. Steve Buscemi non assomiglia neanche un po’ a Kim Schmitz, ma lavorerò di fantasia.

 


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