Magazine Diario personale

Meglio un rimprovero aperto che un amore celato

Da Chiara Lorenzetti

Si chiazzano gli occhi di pianto in quei giorni dall’incedere potente e doloroso, quando tra pagine e scaffali ricerchi con affanno la verità. Ti gettano a forza dentro a vorticose giostre urlanti, centrifugato nei sentimenti, calzino spaiato e stinto, confuso tra lenzuola di seta e stracci sfilacciati. Tu non sei più tu, ti stanno togliendo il midollo, succhiato fino agli inferi, ad un passo dal rapirti l’anima.

Alle volte le parole parlano da sole, non le devi nemmeno interpellare. Ieri, come accade ogni tanto, ho guardato i termini di ricerca del blog e ho trovato “meglio un rimprovero aperto che un amore celato”. Significa che qualcuno, ieri mattina, ha composto una frase di senso compiuto su google per cercare di comprendere un proprio o altrui comportamento. Un comportamento, come il rimprovero, che costa e che porta con sé accezioni positive e negative.
Il rimprovero comporta una profonda fiducia reciproca. Se così non è diventa mero litigio.

Hai spinto l’essenza dei miei pensieri ad un passo dal cielo, sospinta sulle tue mani, protetta nel nido della tue azioni. Hai dipinto l’immagine sacra del giuramento, sigillato a cera, sepolto nei per sempre, deposto ai piedi dell’altare della venerazione. E d’un tratto, hai spinto forte, lo strappo. 

Accade, in ogni relazione che conta, di trovarsi di fronte a divergenze forti, di scontrarsi nelle idee e di ferirsi. Sono momenti difficili ed è di ognuno di noi la scelta: fuggire, tacere, urlare o spiegare. Il rimprovero è proprio questo.
Non è l’offesa, troppo spesso gratuita. Non è l’insulto, la derisione. Quella è di chi non ci conosce, che giudica senza sapere. L’offesa è rabbia che chiude, un muro alzato. Un non ritorno, lo scontro e la definitiva rottura. L’offesa dice e pretende di insegnare.

Accecato ai bordi della strada, infangato dalla corsa spietata dell’auto contro di noi, a terra, sputato e calpestato, imprechi. Poi, taci, che nulla è dovuto al tempo lasso delle parole vane.

Il rimprovero è dire come si sta. Spiegare come il comportamento dell’altro ci ha feriti, dove ha strappato, le lacrime e il sangue. Il rimprovero non insegna, parla. Il rimprovero non impone, è umile. Il rimprovero non sgrida, spiega. Il rimprovero non chiude, non è mai definitivo, apre verso di noi. Il rimprovero parla di noi, confronta.
Meglio un rimprovero aperto che un amore celato, scrive chi è arrivato al mio blog in cerca di una risposta o di una conferma.
So che è tardi, che è stato cercato ieri, ma io, proprio ieri, ho capito che il rimprovero è una forma di amore.
Un’amore che non conosce sesso né età.
Ma che è.

Aperte le falde del sentire, non ammette protezioni l’affetto, di stima intonsa ancora si fa il presente.
E’ dirti di me il canto che rende eterno l’esistere.

Chiara

 


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