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Poi conosciamo Justine (Kirsten Dunst), una bella giovane sposa. Sembra felice come non lo è mai stata in vita sua, ma si intuirà presto che è tutta una finzione. Justine è tormentata da oscuri pensieri che vorrebbe ma non riesce a confidare a nessuno. Non sono disposti a starla a sentire nemmeno sua madre e suo padre. Condizionata da queste sensazioni negative, in quello che generalmente viene considerato "il giorno più bello" nella vita di una donna, Justine manda a quel paese il suo capo perdendo il lavoro, tradisce il suo sposo con il primo venuto e viene abbandonata dal neo marito che non ha gradito il suo atteggiamento durante le nozze (e non credo sappia del tradimento!).
Passa del tempo, Justine è sprofondata in un grave stato depressivo. Incapace di badare a se stessa si trasferisce dalla sorella Claire (Charlotte Gainsbourg).
Claire le è sempre stata vicina, si era impegnata al massimo per regalare a Justine un matrimonio perfetto.
John (Kiefer Sutherland), il marito di Claire, con il loro figlioletto Leo, sta seguendo con entusiasmo i movimenti del pianeta Melancholia.
Melancholia è una specie di Luna azzurra, che si sta avvicinando pericolosamente alla Terra.
John è sicuro che non accadrà niente e si gode l'evento. Justine, depressa, sente già il nulla dentro di sé, la distruzione della Terra non la preoccupa, quasi la rasserena. Claire, al contrario, diventa ogni giorno più ansiosa, pensa a suo figlio, vuole sopravvivere a tutti i costi.
"Melancholia" non è il tipo film sulla fine del mondo a cui siamo abituati. Non ci sono eroi ma esseri umani inermi. Se la fine è totale dove vuoi fuggire? Eppure Claire ci prova, mentre Justine, già assuefatta al peggio, mantiene lucidità e sangue freddo.
Non un film catastrofico ma psicologico. Il regista Lars von Trier voleva porre al centro della nostra attenzione la malinconia, che ci gira attorno, si avvicina, si allontana, ci spaventa e ci affascina, ma una cosa è certa, se riesce a prendere il sopravvento su di noi è la fine.
Fa piacere vedere un film diverso dal solito.
Decisamente poco commerciale ma perfetto per sedurre le platee intellettuali da Festival.
Riscosse un buon successo al 64° Festival di Cannes e Kirsten Dunst venne premiata per la migliore interpretazione femminile.
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