MELANCHOLIA (Danimarca, 2011) di Lars Von Trier
Creato il 06 novembre 2011 da Kelvin
Scene da un matrimonio. Il giorno più felice della vita, per antonomasia. Eppure per Justine è il punto di non ritorno, il giorno in cui irrimediabilmente si rompe il legame con la normalità e si finisce nel baratro della depressione. In cielo brilla una stella luminosa: è Antares, dicono gli intenditori, ma non è vero: la verità arriverà a breve. Si tratta di un pianeta immenso, bellissimo, dal nome suadente 'Melancholia', che si dirige verso di noi e di lì a poco sistemerà ogni cosa... Nel frattempo Justine si riduce a un'ameba, si sistema a casa della sorella Claire, e aspetta. Aspetta la fine.
Chi scrive non ha mai sopportato Lars Von Trier, lo dico a scanso di equivoci. Ho sempre disprezzato il vuoto formalismo delle sue opere, l'inutile spettacolarizzazione del dolore, le provocazioni assurde e fini a se stesse, l'odiosa misoginia che traspare compiaciuta in tutti i suoi film. Eppure... eppure questa volta non è così, o almeno non sono queste le caratteristiche che ti colpiscono. Melancholia è un film sorprendentemente misurato, austero, rigorosissimo, perfino struggente nella sua profonda (e solita) desolazione. E' un film che parla ancora una volta del male di vivere, dell'ineluttabilità del destino, dell'insensatezza dello stare al mondo. Però stavolta non ci sono eccessi, tutto è sotto le righe. Melancholia ti colpisce davvero al cuore, a poco a poco, esattamente come la stella che si avvicina sempre più verso la Terra. E' il primo film davvero sincero del regista danese, intellettualmente onesto, finalmente non ricattatorio.
Le protagoniste sono due donne (straordinarie le interpreti, Kirsten Dunst e Charlotte Gainsbourg, bisogna dirlo. Come bisogna riconoscere a Von Trier - e questo l'ho sempre fatto - la grande abilità nel dirigere le sue attrici). Justine e Claire sono sorelle, ma non ci vuole molto a capire che in realtà sono la stessa persona: Claire, la maggiore, è semplicemente l'immagine invecchiata di Justine: la ribelle, la pazza, l'indomita, quella che non si rassegna al futuro dimesso e soffocante che ha davanti. Justine è quella 'che sa le cose', e sa che nessuno la può salvare, perchè al mondo siamo soli, disperatamente soli, e a nessuno è data la possibilità di cambiare... Tutto è falso, ovattato, desolatamente perfetto, come il rituale delle nozze, raggelante nella sua assurda ritualità.
Melancholia è un maestoso requiem. Senza speranza nè barlume di salvezza. Ma è anche, per la prima volta (ci tengo a ri-sottolinearlo) un film finalmente 'umano', dove c'è dolore VERO ma anche un sentimento sincero e pulsante, come quello tra le due sorelle. Finalmente c'è traccia d'amore, di accoglienza, di solidarietà. E' un'opera durissima, di sicuro non da vedere a cuor leggero.
Ma stavolta è proprio il cuore ad aprirsi, cosa che con Von Trier non (mi) era mai successa.
VOTO: ****
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