Melancholia è la storia di due sorelle, del loro approccio diverso alla vita e alla morte. Il passaggio di un pianeta, dal quale il film prende il nome, che a detta degli scienziati sfiorerà la Terra senza colpirla, produrrà diverse reazioni da parte dalle due.
Justine che ci viene presentata inizialmente come una novella sposa all’apice della sua felicità in una festa di matrimonio sfarzosa e di alta classe, si dimostrerà ben presto una donna con una depressione cronica e un rapporto nichilistico e narcisistico con la sessualità/morte.
Claire è sicuramente quella più razionale ed è il personaggio più vicino a noi. La notizia dell’avvicinarsi del pianeta Melancholia la inquieta, la terrorizza e in un gioco di inversione di ruoli diventerà la donna “debole” tra le due.
Inquadrature tremolanti prodotte da un rigoroso uso della camera a mano e trame spiazzanti dai dialoghi spesso provocatori; queste sono le caratteristiche più conosciute del cinema di Lars Von Trier. Questa tendenza proviene sicuramente da “un’abitudine” nata dal manifesto Dogma 95. Nato come una provocazione al cinema commerciale o, (cambiando in parte il campo) come si usa di solito dire in questi casi “del cinema dei padri”, Von Trier con altri registi danesi e non stilò una lista di “regole comportamentali” che hanno avvicinato nettamente questo cinema a quello amatoriale. Raramente rispettato del tutto [l’ironia vuole che il sito web sia da qualche anno offline] , questo manifesto è probabilmente un lontano ricordo ma ha marchiato in parte lo stile inconfondibile di questo regista estremo nelle scelte, provocatorio, osannato e odiato.
Melancholia nasce sicuramente in questo contesto. Nonostante le riprese in pieno stile “amatoriale”, Von Trier riesce a mostrarci a discapito della tecnica di ripresa una organizzazione scenica e attoriale che spicca fuori proprio da questo contrasto. Non tralascia in alcun modo inquadrature ben costruite e impeccabili paradossalmente degne dei registi più formalisti (ad esempio i “quadri” iniziali in slow motion).
Come altri film dello stesso regista possiamo tranquillamente dire che Melancholia si regge sugli opposti: formalismo e Dogma 95 (già visto in maniera più esplicita in Dancer in the Dark); dramma, ma con una enorme presenza di anti-climax in particolare nella parte iniziale; sessualità narcisistica e sessualità equilibrata; Justine e Claire.
Pur non essendo un capolavoro, Melancholia, colpisce in qualche modo lo spettatore probabilmente grazie a degli psicologismi non abbozzati e stereotipati, quella macchina da presa che si comporta come una videocamera in una festa in famiglia, che riescono a far sentire quei personaggi così “vivi e reali”.
VOTO: 7/10