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Se avesse parlato, se si fosse confidata con qualcuno, non solo per i tradimenti che subiva, ma cosa sapeva, di cosa era venuta a conoscenza, in che vortice era entrata la sua vita di moglie tradita e ingannata con continue bugie e torbidi compromessi. Di certo non poteva immaginare la sua orrenda fine, che vi fosse una mano così spietata pronta a far tacere la sua rabbia, la sua delusione, ad impedirle di continuare a veder crescere la sua piccola bambina, a poter incontrare l’amore che non ti umilia, che non ti ferisce, che non ti offende.
L’amore per il quale lei aveva lottato, invece, non l’ha voluta vedere mai dopo la sua morte, né quando l’hanno ritrovata, né per l’ultimo saluto. E neppure al processo ha parlato, doveva gridare la sua verità ma è rimasto muto! Tutti pensiamo che chi è innocente deve parlare, deve difendersi, deve dire ciò che sa per far emergere la verità nel mare di bugie fin’ora raccontate.
E non ci sorprende sicuramente che il Parolisi sia indagato insieme ad altri dieci militari della caserma Clementi di Ascoli Piceno per atti sessuali nelle struttura stessa, minaccia a inferiore per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, minaccia o ingiuria a un inferiore e violata consegna. Il codice penale militare ancora non contempla le molestie sessuali.
Noi non dovremmo temere che non venga fuori la verità, noi speriamo che giustizia sia fatta, quella giusta, quella equa, quella che fa scontare all’assassino la pena per un omicidio così crudele. Non possiamo avere paura che un assassino resti a godersi la vita libero, non dobbiamo temere questo…vogliamo ancora credere nella Giustizia Italiana!
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Il 29 settembre, riprende il processo che vede come unico imputato per l’assassinio di Melania Rea, il marito Salvatore Parolisi, e durante il quale si dovrebbero sapere i risultati delle nuove perizie disposte dalla Procura di Teramo
Attendiamo il 29 settembre, San Michele, la prossima udienza, e ogni sabato a seguire, altre udienze, fino alla fine del processo.
M.G.