Mele marce e luccicanti

Creato il 12 ottobre 2011 da Andresilver @VivereaOrecchio
Sono appena terminate le immense celebrazioni immediate e la retorica perpetua sul visionario Steve Jobs che è venuto a mancare pochi giorni or sono, ma ancora non è del tutto chiaro cosa ci abbia lasciato quest'uomo. Valutazioni tecniche a parte "sull'eredità" del precursore inventore del personal computer moderno, cerchiamo di capire se ciò che ci ha "consegnato" è veramente positivo per tutti noi e se la sua venerazione non sta forse superando i giusti meriti.
Analizzando la vicenda a sangue freddo e senza farsi prendere dall'onda dell'emozione, si evince che la presenza dei personal computer nelle nostre vite non ha e non ha avuto certamente esclusivamente benefici. Ricordo ancora con piacere il giorno in cui ho avuto il mio primo computer. Commodore 64. No, niente lacrimucce e sorrisi nostalgici. Non cosciente delle sue possibilità ed essendo in tenera età il mio unico utilizzo era ovviamente ludico, ma esso rappresentava il primo mezzo elettronico a disposizione della società moderna con cui un utente medio poteva immagazzinare migliaia di dati, salvarli, ritrovarli, rielabolarli, cancellarli e riscriverli: in poche parole una vera e propria rivoluzione.
La carta stampata guardava con ammirazione questo nuovo strumento di lavoro che superava gomme, matite, colla e forbici, soprattutto per gli scrittori e per tutti coloro che con l'inchiostro avevano un rapporto quotidiano. Evitare di ribattere o riscrivere interi pezzi e di effettuare operazioni di bricolage infinite e laboriose, rappresentò una vera miglioria senza ombra di dubbio. Le parole cartelle e files si infilarono nei dizionari comuni e la tecnologia andava a braccetto con progresso reale. La stessa tecnologia che nel corso degli anni ha effettuato passi da gigante, abbandonando il, lasciatemelo dire, mitico Commodore, che col tempo passò il testimone a macchine sempre più prestanti ed evolute fino ad arrivare al Mac, primo vero e, ai tempi, completo personal computer.
Inutile sottolineare gli incredibili aspetti positivi anche per chi non era un giornalista, scrittore o semplice articolista. In pochi secondi, con i nuovi strumenti, si potevano ritrovare documenti altrimenti smarriti in fondo a cassetti polverosi e rileggerli senza rischiare di vederli sbiaditi. Era possibile rimembrare frasi e parole specifiche in documenti lunghi migliaia di pagine senza perdere ore e perfino giorni per ricordare dove fosse quel benedetto paragrafo, o quella parte di libro tanto piaciuta in tenera età. E il nostro cervello non è stato certo a guardare ma si è, bensì, reso veicolo di queste nuove informazioni, ritrovandosi a disporre di un incredibile estensione di memoria su cui far fede.
Se andiamo veramente ad analizzare gli effetti, fu questa la vera e propria rivoluzione introdotta dai personal computer nelle vite dei comuni cittadini di cui ancora ci serviamo e che supera di gran lunga l'utilità prodotta rispetto a molte altre tecnologie odierne compagne in campo elettronico.
L'essere umano poté così disporre di una mole di informazioni immensa, soprattutto in seguito all'avvento della rete e della sua evoluzione che non ha fatto altro che amplificare e moltiplicare i cassetti di memoria nei quali infilare i nostri pensieri, le nostre nozioni e le nostre riflessioni.
Tutto il mondo ringraziò Steve Jobs, principale artefice e protagonista delle numerose innovazioni sopra descritte e delle loro evoluzioni. Ma c'è un confine preciso e sottile tra i suoi meriti e le conseguenze post innovazione che, quando raggiungono l'esasperazione e sconfinano, portano anche pene e difficoltà conseguenti. Effetti positivi e negativi. Aspetti benvoluti e altri meno. Insomma, quando entra in campo il dio denaro la favola dell'innovazione finisce.
Ed è la stessa cosa che è successa al buon Steve che ha beneficiato ovviamente dei capitali ottenuti, aggiungiamo meritatamente, per entrare nella logica di trasformare l'essere umano consumatore da veicolo dell'innovazione a bersaglio della stessa. Fasce di mercato, marketing, categorie, generazioni, stili di vita e consumi abitudinari furono parole ben accette dal visionario Steve che cavalcò senza sosta il cavallo vincente ben oltre le sue possibilità di corsa positive.
Chi non lo avrebbe fatto, direte voi. Giusto, anche perché la concorrenza e la voglia di futuro stimolano le innovazioni. Ma tutto ciò, a mio parere, risulta corretto fino ad un certo punto, ovvero fino a quando non si innesca un meccanismo perverso nel quale la linea sottile tra esigenze e aspirazioni, tra utilità e desideri, si fa sempre più esile fino a trasformare i cittadini in consumatori compulsivi che non sanno più se vogliono una nuova tecnologia perché serve loro realmente o piuttosto perché la stessa rappresenta un bisogno indotto.
La macchina dei desideri iniziò così ad accendersi e a marciare a pieno regime, percorrendo autostrade spianate dagli stessi consumatori.
Ed è qui che emerge la mia considerazione finale: quando vedo code code lunghe decine di isolati, fatte di gente venuta da ogni parte del mondo, che è disposta a passare numerosi notti al freddo e al gelo pur di avere al più presto il nuovo modello di telefonino portatile, vuole dire che quella linea sottile non soltanto è stata cancellata, ma che l’intera dinamica di mercato è stata capovolta.
Innovatore in giovane età. Venditore di desideri di ottima fattura ma spesso inutili in età avanzata. Veneriamo pure il povero Steve, ma con calma ed equilibrio. Ha dato un immenso contributo alle nostre vite, ma non è certo un eroe moderno, soprattutto nell'ultima parte della sua breve vita. Gli eroi sono altri. Non è tutto oro quello che luccica. Neppure le grandi mele.

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