Che poi basta pensarci, accidenti. I pochi spagnoli che hanno avuto successo da noi – Miguel Bosé a parte – chi sono? Vado a memoria. Enrique Iglesias, che si é fatto conoscere con
bailamos. Lingua: spanglish. Las Ketchup, tormentone estivo con Aserejé. Lingua: spagnolo misto nonsense. Miguel Angel Muñoz, emerso dal successo di Paso Adelante con tú dirás que estoy loco. Lingua: spagnolo. Se torniamo indietro nel tempo ci sono i Gipsy King, che cantavano in spagnolo. E, piú avanti, David Bisbal, che ha fatto una meteorica comparsa al Festivalbar di Trieste (io c'ero!) cantando nella sua lingua madre. O ancora Bebe, fortunatissima con Malo. Lingua: spagnolo. Persino il caso piú eclatante, Jarabe De Palo, nonostante i numerosi duetti e pezzi in italiano, s'é fatto conoscere in terra italica con La Flaca. La stessa Depende, tra i suoi brani di maggior successo, é stata piú apprezzata in lingua castigliana che nella versione tradotta da Jovanotti. E' solo una piccola case history raccimolata a memoria. Niente di che, a confronto di quella facilmente rintracciabile da chiunque abbia accesso agli archivi di una major. Ma allora, perché ostinarsi a tradurre? Io capisco il contrario, intendiamoci. Lo spagnolo medio, di per sé, ascolta musica spagnola o musica cantata in inglese. Punto. Difficilmente, oggi come oggi, si comprerebbe un cd di musica italiana cantato in italiano. Li abbiamo abituati noi, da Ramazzotti in avanti (ma anche indietro, a dire il vero). Quindi capisco – e in certi casi approvo – che i nostri cantanti gli si continuino a proporre in versione castigliana. Il contrario, peró, mi sembra totalmente privo di senso. L'italiano, la musica spagnola, l'ascolta eccome. C'é tutta una fetta di ascoltatori latineggianti che stravedono per le sonoritá di quella lingua. Non sará una fetta maggioritaria, d'accordo. Ma nel momento in cui decidi di importare un cantante spagnolo nel nostro mercato, per pura logica é a quella fetta che devi puntare. Perché quella del pubblico che ascolta solo musica italiana, della tua canzoncina con l'accento marcato, l'impostazione forzata e la percezione di assoluta artificialitá, beh, mi spiace dirtelo ma se ne fregherá altamente. E chi ascolta musica straniera sará escluso a priori, cosa che non accadrebbe nel primo caso.Mi sfugge la difficoltá di questo processo deduttivo, sul serio. Com'é possibile che si arrivi a rendersi conto che a una discreta fetta di italiani piace un certo cantante spagnolo, si decida di rischiare a conquistare quel mercato, e per farlo – anziché portare le canzoni cosí come sono – se ne realizzi una versione in italiano? Versione in italiano che immancabilmente non viene cagata, del resto, perché l'errore di target piú banale e ripetuto del mondo porta a far sí che gli unici a comprarla siano i fan pre-esistenti, ma quasi tutti al grido di “preferivo l'originale”. Gli altri italiani non faranno altro che coglierne ogni privazione intrinseca di autenticitá, la pronuncia innaturale, la resa mediocre. Ribadisco, a costo di essere noiosa: chi ama la musica spagnola non la comprerá perché non é in spagnolo. Chi ama la musica straniera non la comprerá perché non é straniera. Risultato? Il pezzo non andrá nelle radio, i dischi rimarranno invenduti nel negozio, il cantante s'é perso ogni chance di tentare una carriera da noi. Con conseguente perdita di denaro da parte della discografica di riferimento, che nel frattempo avrá speso fior fior di quattrini in traduttori, produttori, studi di registrazione, re-incisione dei dischi e campagne promozionali varie.Una cosa del genere era successa anche con La Oreja de Van Gogh e il loro triste invenduto a palate sugli scaffali della defunta Ricordi di Parma. E non credo che il mancato successo di “Guapa” da noi fosse dovuto soltanto al fatto che Amaia Montero lasció il gruppo più o meno al momento del lancio.
Poi non si considera l'Italia come un mercato favorevole agli spagnoli. Poi si dice che gli artisti spagnoli non hanno successo mediatico da noi. Dico, pare brutto chiedersi perchè?Ché l'ho scoperto per caso, il singolo in italiano di Melendi. Doveva uscire nel 2013 ma, ovviamente, se n'é persa ogni traccia. Io spero davvero che i signori della Warner, a questo punto, non si stiano arrovellando nel cercare di capire cosa sia andato storto. Perché, dai, a me Melendi generalmente non dispiace affatto. Ma 'sta cosa nella nostra lingua é un obrobrio come pochi se ne ricordano negli annali della discografia mondiale. Roba che definire “inascoltabile” è poco. Siamo seri.
Mancano addirittura le basi; il promemoria universale per cui la musica é innanzitutto suono. E il suono di “no se asuste señorita, nadie le ha hablado de boda” é fatto di vocali morbide. Tonde. Dolci. Niente a che vedere con le v e con le z del pur letterale “non si spaventi ragazza, non parlo di nozze ancora”. Duro. Forzato. Totalmente stridente nei confronti della melodia. Senza contare la solita forzatura, l'artifizio papabile di chi é costretto ad esprimersi in una lingua che né conosce né tanto meno gli appartiene. La scelta stessa del brano, pure quella é assurda! Ché presentare Melendi all'Italia come quello che scrive del “tuo giardino coi nanetti” fa sembrare ridicolo un autore che, nell'arco della sua carriera, ha scritto invece testi di tutto rispetto.
Per cui, se qualche addetto ai lavori incappasse per puro caso in questo mio post, spero accolga la mia accorata (e infervoratissima) preghiera: gli spagnoli, in spagnolo. Sempre. Fatelo per noi filo-ispanici. Per la mia pressione arteriosa. Per il benessere di chi è costretto a sorbirsi i miei papiri.
PS: A proposito degli Estopa, trovo questo riadattamento amatoriale in italiano di "Ya no me acuerdo" a cura di un certo Giuseppe Liberatore di gran lunga migliore di tutti quelli ufficiali. E E lo dico nonostante le sue imperfezioni. Il motivo? Oltre al mio personale amore per le voci un po' roche, canta nella sua lingua madre.