Il sindaco non ha ancora telefonato al nuovo sovrintendente – Ieri l’incontro con le autorità in via sant’Alenixedda e poi subito al lavoro
Nell’ufficio aleggia un aroma di sigaro alla vaniglia. La vetrata, al quinto piano, si affaccia su via Cao di San Marco. Sotto, il Parco della musica: «Bellissimo, ora bisogna metterlo a sistema». In alto, a sinistra, uno scorcio di Castello: «Io sono nato lì, in via Lamarmora 31», sorride Mauro Meli, «grande emozione». La domanda era: «Che effetto fa tornare a Cagliari dopo dieci anni?»
SINDACATI Il nuovo (ma anche ex) sovrintendente del Teatro lirico è atterrato a Cagliari mercoledì notte. Ieri è arrivato in via Sant’Alenixedda di buon mattino: «Ho incontrato diverse autorità». No, il presidente della Fondazione (il sindaco Massimo Zedda) non l’ha chiamato. Ha fatto capolino in ogni ufficio e salutato uscieri, amministrativi, tecnici, orchestrali, coristi e pure la rappresentanza sindacale unitaria incrociata per caso: un incontro rapido, informale e anche cordiale. E non era scontato, viste le dichiarazioni di alcuni sindacalisti all’indomani della nomina. Toni ben più morbidi, invece, nei due comunicati rilasciati ieri: il primo, siglato Uilcom-Uil, Fials-Cisal e Libersind-Confsal, saluta «con soddisfazione la tanto attesa nomina di un nuovo sovrintendente» e ricorda la necessità di una «gestione trasparente ed oculata»; anche il secondo, firmato Rsu, auspica «una gestione economica improntata sul rigore e la trasparenza». Allusioni al deficit con cui si chiuse la prima epoca Meli (1996-2003)? «Di questo tema parleremo in un’intervista più approfondita, carte alla mano. Bisogna essere precisi».
OBIETTIVI Le priorità, ora, sono altre: «Ho visto giusto il programma della stagione sinfonica, già in corso. Bisogna farlo sapere ai cittadini». E recuperare abbonati. Ma incombe anche la stagione lirica: «E non c’è niente di deliberato». C’è da far ripartire un Teatro che «ha potenzialità enormi. È uno dei 14 in Italia che riceve direttamente finanziamenti dallo Stato: siamo in serie A». E l’idea qual è? La Champions delle grandi stelle come l’altra volta? «È cambiato tutto. Cambiata (in meglio) la legge, che ora prevede obblighi stringenti (il pareggio di bilancio) e finanziamenti in base alla produttività: quanti spettacoli, quanti spettatori. E il teatro non è più quello del ’96: mancavano porte e mobili, niente consolle delle luci, niente laboratorio di scenotecnica; ora è tecnologicamente avanzato. Ha una buona orchestra e un buon coro: se chiameremo bravi registi, bravi cantanti, bravi direttori sarà per valorizzare ciò che c’è già. Poi sono cambiato io: avevo 40 anni, ne ho quasi 60. Magari sono migliorato».
Marco Noce
Fonte: L’Unione Sarda
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