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Memorandum per la sinistra italiana: abbandonare il guevarismo perenne.

Creato il 07 marzo 2013 da Basil7

Se parlare di Chávez era difficile già prima della sua morte, adesso la questione si complica parecchio, poiché a scolpire i calchi per le sue statue non sono soltanto ammiratori e sostenitori, bensì anche – e soprattutto – gran parte della sinistra italiana, compresi coloro che non sanno neppure dove si trovi il Venezuela, ma che ora salgono sul carro di un emblema “de sinistra”, ammirevole perché contrario agli Stati Uniti, sudamericano e socialisteggiante. Chi in questi giorni si trovi a scrivere qualcosa su Chávez sarà sommerso da frotte di difensori che invocano insistentemente prove a ogni minima critica, salvo poi smentire i dati a loro contrari.

Detto questo, è innegabile che il Presidente abbia operato molto e in positivo per il popolo venezuelano, ampliando l’accesso ai servizi di base, all’istruzione, alla sanità pubblica: si tratta di fatti oggettivi, così come l’aumento del PIL e dell’inflazione nel Paese o la ridefinizione della geografia della criminalità e della corruzione. Tuttavia viene da chiedersi quanto le misure di Chávez fossero di redistribuzione e quanto clientelari. Il fulcro della sua politica era il petrolio, senza il quale il caudillo sarebbe stato definito piuttosto un golpista militare di successo: avrebbe avuto la stessa possibilità di avvicinarsi a Castro? La sua ideologia marxista era a tratti peculiare e forse il rapporto con Cuba si doveva più agli accordi di fornitura che a reali motivazioni d’affinità elettiva.

L’economia venezuelana necessita tuttora di un piano ambizioso di diversificazione – tentativo che già Chávez aveva avviato da anni – poiché la concentrazione delle risorse nei settori estrattivo e petrolifero costringe il Paese a ricorrere a massicce importazioni. Non ci sono dubbi che l’affetto del popolo per il Presidente sia reale, che il dolore di questi giorni sia sincero, d’altronde questi ultimi quindici anni hanno condotto profondi miglioramenti in Venezuela e una sostanziale stabilità. Diversa è l’opportunità di tutto questo amore “da Facebook” per Chávez, che non è stato clemente nei confronti delle opposizioni (qualche limite alla stampa e qualche dissidente tolto di mezzo), né aperto nella gestione delle risorse economiche e del governo politico. La sinistra italiana deve decidersi, giacché el líder era avversario anche di Obama: non si può adorare Dio e Mammona, piangere sulle spoglie di Chávez e inneggiare al Presidente statunitense, mentre si considera l’Iran una dittatura e si resta ambigui sulla Cina.

La parte dei riformisti e progressisti in Italia che si definisce moderna, liberale, “di governo” dovrebbe ripartire anche dalla fine di una cappa culturale stantìa, scrollarsi di dosso il perenne guevarismo, studiando piuttosto il fenomeno della decolonizzazione africana e della costruzione contemporanea del Sudamerica: ognuno di noi è libero di scegliersi il proprio esempio, ma la cristallizzazione del mito a ogni costo solo perché appartenente a una categoria ideologica è un errore che introduce alla rigidità del pensiero monopolistico.

Beniamino Franceschini

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Su Il Caffè Geopolitico, un articolo di Davide Tentori sul Venezuela dopo Chávez: Un chavismo “Maduro”?



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