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Memorie dal sottosuolo

Creato il 07 aprile 2015 da Phoebes

Titolo: Memorie dal sottosuolo
Titolo originale: Записки из подполья (Zapiski iz podpol'ja)
Genere: psicologico/filosofico
Autore: Fëdor Michajlovič Dostoevskij ( Wikipedia)
Nazione: Russia
Anno prima pubblicazione: 1864
Ambientazione: San Pietroburgo (Russia), anni 40 del XIX secolo
Personaggi: l'Uomo del Sottosuolo
Casa Editrice: Mondadori
Traduzione: Igor Sibaldi
Copertina: Edgar Degas, Dopo il bagno (part.), 1884
Pagine: 190
Provenienza: Libreria, 4 giungo 2011
Note: con un saggio di Vladimir Nabokov
Link al libro: IN LETTURA - ANOBII - GOODREADS
inizio lettura: 25 febbraio 2015
fine lettura: 10 marzo 2015


Memorie sottosuolo

E d'altronde: di che cosa può parlare una persona come si deve traendone il maggior piacere?
Risposta: di se stesso.
E dunque io pure parlerò di me stesso.

Le finte memorie di un uomo del sottosuolo, inabile alla vita, estraniato dal resto dell'umanità, ma fortemente umano nelle sue debolezze ed emozioni.

Con Dostoevskij è stato per me un amore a prima lettura (se non sbaglio con L'Idiota). Poi non tutti i suoi libri mi hanno soddisfatto appieno, ma nel complesso è un autore che amo molto. Era parecchio che non mi cimentavo con un suo scritto e anche se non siamo ai livelli del già citato Idiota o di Delitto e Castigo è stato comunque molto piacevole ritrovare questo autore a cui mi sento molto legata.

Il romanzo si divide in due parti, "Il sottosuolo" e "A proposito della neve bagnata". La prima non ha una vera e propria trama, principalmente sono opinioni del protagonista/narratore espresse quasi un po' a casaccio, critiche per esempio al romanticismo, evidenziazioni delle solite differenze tra europeo e russo, e in generale l'espressione del suo male di vivere. La seconda parte racconta invece di un episodio preciso che gli è venuto in mente pensando alla neve bagnata, e lo racconta nei dettagli, mettendo in evidenza più che mai la sua incapacità di relazionarsi con chiunque.

L'ambientazione è scarna: siamo a San Pietroburgo, vengono a volte anche nominati vie e luoghi, ma il protagonista vive nel sottosuolo, luogo non fisico ma che permea la sua esistenza e quindi vi si ritrova dentro ovunque si rechi.

Anche i personaggi non sono molti, e ovviamente tutti visti tramite l'occhio del protagonista. Di tutti oltre all'Uomo del Sottosuolo mi è rimasta impressa Lisa, personaggio molto dostoevskiano, simile ad altri che ricorrono negli altri suoi romanzi.

Essendo passato un bel po' di tempo dalla fine di questa lettura, il ricordo è un po' sbiadito e forse non sono riuscita a dire tutto quello che avrei voluto nei paragrafi precedenti. Penso invece di poter esprimere chiaramente la mia opinione sullo stile utilizzato dallo zio Dosto in questo romanzo perché ricordo ancora piuttosto bene l'impressione che ne ho avuto. Alcuni brani li ho trovati bellissimi, ho rivisto il Dosto che conosco e amo, che mi parla di me. Altre parti invece le ho trovate troppo prolisse e ripetitive, specie quando il protagonista non fa che lamentarsi, è una cosa che odio! Quindi direi che da un punto di vista tecnico il libro non m'è piaciuto molto, l'espediente delle memorie non mi ha convinto, e ho letto (non ricordo più se nella prefazione di Igor Sibaldi o nel saggio di Vladimir Nabokov) che non sono la sola a pensarla così, la critica dice che il romanzo è volutamente stilisticamente inferiore al solito Dostoevskij. Da un punto di vista emozionale non c'è dubbio che questo romanzo ha prodotto in me una fortissima impressione, ma per evitare di ripetermi troppo, rimando al commento generale per spiegare meglio cosa intendo.

La copertina della mia edizione ha un bel quadro di Degas, ma francamente non capisco proprio cosa c'entri col libro. Il titolo è invece azzeccatissimo, in quanto penso trasmette subito non solo un'idea del tema trattato ma anche la tristezza, il "malessere" e la non-vita che incontreremo. Nabokov nel saggio allegato spiega che il titolo significa anche "memorie di una casa per topi", quindi l'Uomo del Sottosuolo si può definire anche un Uomo Topo: preferisco la prima traduzione.

Commento generale.

Il voto un po' più basso che ho dato a questo libro deriva dal fatto che l'ho trovato troppo prolisso e ripetitivo, e anche se pare che questo "fastidio" fosse voluto, comunque mi ha appesantito la lettura e fatto gradire un po' meno questo libro nel complesso. Per il resto, bè, ancora una volta il caro zio Fëdor si è confermato il genio che ho imparato a conoscere ed amare, perché anche in questo libro è riuscito a farmi sentire che parlava di me. Ok, niente di strano, in realtà, è una prerogativa del classici quella di essere sempre attuali perché capaci di arrivare al cuore di ogni lettore, ma Dostoevskij lo fa in maniera proprio specifica, mi parla di quelle cose che io sento più mie, che sento come caratteristiche che mi distinguono dagli altri (che poi probabilmente non è vero, ma immagino la sensazione la conosciamo un po' tutti!), in particolare mi descriveva proprio le cose provavo in quel periodo. Non posso dire che Dostoevskij sia il mio autore preferito, perché me ne piacciono tanti altri, anche più di quanto mi piaccia lui (un paio di delusioni pure il Dosto me la ha date), però penso che sia uno di quelli che sento a me più affini.

Insomma, questo romanzo non è il capolavoro, non è bello come altri di questo autore, non è una lettura semplice né, sotto certi aspetti, piacevole, ma la consiglierei comunque a tutti.

C'è solamente un caso, uno soltanto, in cui l'uomo possa, a bella posta e consapevolmente, desiderare per sé qualcosa che gli sia persino dannoso, qualcosa di stupido, anzi persino di stupidissimo, ed è appunto quando vuole avere il diritto di desiderare per sé foss'anche la più stupida delle cose, e non essere vincolato dall'obbligo di desiderare solamente le cose intelligenti. Giacché quella cosa stupidissima [...] può rivelarsi più vantaggiosa di qualsiasi vantaggio persino nel caso ci provochi un danno nel modo più palese, e contraddica tutte le più sane conclusioni del nostro raziocinio in materia di vantaggi - giacché comunque vada essa ci conserverà pur sempre quel che abbiamo di più importante e di più caro, ovvero la nostra personalità e la nostra individualità.

Sfide

Un po' di frasi

Io sono una persona malata... sono una persona cattiva. Io sono uno che non ha niente di attraente. Credo d'avere una malattia al fegato.

Ma ciò dipende appunto dal fatto che io stesso non ho alcun rispetto di me. E forse che una persona consapevole può avere un benché minimo rispetto di sé?

Escogitavo lo stesso delle avventure e m'inventavo la vita, pur di vivere almeno un po', comunque fosse.

Forse l'unica ragione per cui io mi considero un uomo intelligente è appunto il fatto che in tutta la vita non sono mai riuscito a cominciare né a finire nulla. Massì, massì, sarò pure un chiacchierone, un innocuo, molesto chiacchierone, così come lo siamo tutti. Ma che farci, se l'unica, immutabile strada che sia data a un uomo intelligente è precisamente quella della chiacchiera, ovvero d'un premeditato travasare dal vuoto nel vuoto?

"Adesso me ne vado, in quest'istante!..."

All'uomo piace tener conto soltanto dei proprio dispiaceri; e invece alle cose belle che ha non ci fa caso. Se tenesse conto anche di queste come si deve, allora vedrebbe che ha proprio tutto quel che occorre per affrontare qualsiasi destino.

Ci siamo anzi a tal punto disabituati che avvertiamo talvolta una sorta di ripugnanza per ciò che è veramente "vita viva" [...]. Già perché noialtri ormai siamo arrivati a un punto tale che tutto ciò che è veramente "vita viva" lo consideriamo quasi una fatica, [...] e siamo tutti d'accordo che è molto meglio quello che leggiamo nei libri.

4 stelline, ambientati in Russia, ambientati nel 19° secolo, autori del 19° secolo, autori russi, explicit, frasi dai libri, IL TAPPABUCHI, incipit, La sfida delle Letture in Lingua, La Sfida dell'Alfabeto, segnalibri, Sfida dei 1001, Sfida delle Mini Recensioni, Sfide dei Classici, Sfide sulla TBR list, voto 7


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