Francesco Tarantino è un poeta che gli amici di Viadellebelledonne già conoscono in quanto mi sono occupata di lui in occasione dell’uscita del suo secondo libro di poesie “Disturbi del cuore” Francesco Tarantino è però anche un amico, lo conobbi nel 2009 a Roseto Capo Spulico dove ero per il premio Roberto Farina (in quell’occasione conobbi anche Pino Corbo poeta e redattore della rivista Capoverso). Nonostante la lontananza e complice il fatto che Francesco ogni tanto viene a Roma per impegni vari, la conoscenza è diventata amicizia. E durante l’ultima visita, seduti al tavolino di un bar davanti a una tazzina di caffè, mi ha parlato di una sua iniziativa che ho trovato quanto mai interessante ed originale, ossia di istallare nel cimitero di Mormanno il paese dove è nato e vive, una mostra permanente di poesie sulla memoria.
Mormanno è un comune di 3.365 abitanti della provincia di Cosenza, nel cuore del Parco Nazionale del Pollino che lambisce ad est il confine con il versante lucano Le origini di Mormanno appaiono ignote ancora oggi, sebbene gli storici locali ipotizzino la sua esistenza a partire dall’epoca longobarda, Il nome Mormanno infatti secondo alcuni storici deriverebbe dal germanico Marimannus o Merimannus, oppure si riferirebbe agli arimanni, ovvero ai mercenari di origine germanica a cui fu concesso un territorio dove stanziarsi. Il nome mons arimannorum si riferirebbe emblematicamente al borgo e se ne trova traccia in molti documenti successivi con numerose varianti, tra cui spicca Miromagnum il quale ne qualifica la sua posizione dominante l’ampia vallata del Mercure. Dopo una lunga, ma non troppo, attesa è arrivato il permesso per realizzare questo progetto che è stato inaugurato lo scorso mese di Agosto. Riporto alcune frasi dalla brochure: “Il poeta s’immerge nel silenzio del luogo di cui è frequentatore abituale e raccoglie il lamento che proviene dalle ceppaie ormai mute, tra tombe e viali, diventandone interprete in versi”. Frequentatore abituale perché nel cimitero di Mormanno riposa la sua giovane e amata moglie… “Prendono così forma versi che precipitano nel lettore, fino a lambire le profondità dell’animo ma in grado anche, subito dopo, di librarsi in voli capaci di riportare in vita gli alberi scomparsi e aprire l’orizzonte a frammenti di universo. Non fantasmi di altre forme di vita ma un’asta di metallo conficcata nelle radici oziose e spente, quasi come indistruttibile propaggine di ciò che un giorno fu vita e in vita tasmutò l’altrui morte. Un’asta metallica quasi come simbolo dell’indistruttibilità dell’eterno e della trasformazione di ogni cosa in un perenne divenire. Antenna cosmica per la propagazione dei versi nell’etere. Il progetto originale e innovativo, è concepito in modo dinamico e prevede in futuro l’esposizione di scritti sulla memoria di altri autori che ne condividono lo spirito”. I versi che Francesco Tarantino ci offre sono “a volte forti, a volte esasperati, a volte più sobri, vogliono essere la traduzione del lamento degli alberi, ma anche e soprattutto metafora della trasformazione in quel rito di passaggio che riguarda ognuno, chiamato Morte. Parallelismo con l’esistenza di quanti nel camposanto giacciono e giaceranno, delle loro vite a volte, come quelle degli alberi, prematuramente recise, altre volte rimaste inespresse, altre pienamente compiute. La mostra è un atto che il poeta sente “dovuto” per l’amicizia che lo ha legato a quelle piante, per la riconoscenza di aver beneficiato della frescura della loro ombra, per aver ascoltato i loro discorsi bisbigliati al vento, il canto degli uccelli tra le loro fronde. Versi che, come epitaffi, lambiscono il rammarico per non essere riuscito ad impedire quanto accaduto.” Come, purtroppo, spesso succede c’è qualcuno che non ha compreso il valore e il significato profondo di questa iniziativa o non ha voluto, o non ha potuto chiuso, prigioniero nel suo dolore… non siamo certo qui a giudicare; ma Francesco Tarantino, poeta, ha risposto a costui da poeta con una “Dedica”. A seguire offriamo ai lettori di Viadellebelledonne alcune poesie dalla mostra “Memorie di alberi recisi”.
DEDICA
(A CHI HA FESTEGGIATO IL FERRAGOSTO CON UN GESTO DI GRATUITA BARBARIE)
L’ANIMALE CHE HA DIVELTO IL LEGGIO
ABBIA SOLTANTO UN DESTINO: L’OBLIO!
INESISTENTE AL MONDO ED AL PAESE
RICERCA L’ATTENZIONE CON PRETESE
D’IMPORSI ALL’EVIDENZA MA È VIGLIACCO
E IGNORA LA MEMORIA CON DISTACCO
IN UN RIGURGITO DI PROTAGONISMO
SI ESPRIME CON ATTI DI VANDALISMO
E QUANDO L’IDIOZIA LO HA INARIDITO
RINCORRE I SUOI FANTASMI DIETRO AL MITO
E SE GLI MOSTRI LA LUNA CON UN DITO
INVECE DELLA LUNA GUARDA IL DITO
PERCHÉ L’IDIOTA NON COGLIE L’INVITO
A RISPETTARE IL LAMENTO DI UN FERITO
I
SONO STATO IL PRIMO A ESSERE TAGLIATO
CON VIOLENZA ATROCE E DISUMANA
NON ERO BRUTTO E NEMMENO MALATO
MI HANNO SVESTITO COME UNA GABBANA
EPPURE SVOLGEVO LA MIA FUNZIONE
FACENDO OMBRA ALLE NENIE DEI PASSANTI
FELICE DELLA MIA CONDIZIONE
ANCHE IN AUTUNNO COI RAMI BAGNATI
MI CONDANNARONO COME UN UNTORE
A ESSER BRUCIATO IN UN POSTO DOVE
NON CONOSCO NESSUNO E IL DOLORE
NON AVRÀ CONFORTO E LACRIME NUOVE
IL DESTINO DECISE UN TRADITORE
MANDANDOMI VIA A BRUCIARE ALTROVE
II
LA MIA UNICA COLPA FU CRESCERE
SULL’URNA DI UN AMICO DEGLI AMICI
E QUELLO CHE RAGIONA CON LE VISCERE
TAGLIÒ L’OMBRA CHE DAVA SUI NEMICI
FUI SEGNATO SEGATO E CONDANNATO
A NON AVER RAMI PER NIDI DI PIUME
D’UCCELLO CHE A SERA POSA STANCATO
DOPO AVER NAVIGATO LUNGO IL FIUME
NON SA L’INETTO LA VITA TRA I RAMI
QUANDO SCENDE LA SERA E TUTTO TACE
ED UNA PREGHIERA RAGGIUNGE CHI AMI
E OGNI COSA SI RICOMPONE IN PACE
ERO UN TESTIMONE DAI MILLE CHIAMI
TRA LE VOCI DEL CREATO E CHI GIACE
III
QUELLO CHE RESTA SON SOLO RADICI
CHE NON FANNO ALCUN OMBRA E MARCIRANNO
HO DATO RISTORO E GIORNI FELICI
ALLE PREGHIERE CHE ORMAI FINIRANNO
ASCOLTAVO I LAMENTI SOTTO TERRA
E CON I MIEI RAMI LI PORTAVO AL CIELO
PERCHÉ LE CICATRICI DELLA GUERRA
FOSSERO LENITE DA FREDDO E GELO
OLTRE AI PATEMI RACCOGLIEVO GIOIE
E SODDISFAZIONI PER PICCOLE GLORIE
DALLE PIEGHE DEI RAMI A FERITOIE
SENTIVO NARRARE PICCOLE STORIE
RANCORI DI DONNE CON LE CESOIE
NEI ROSARI DI TERRE E DI MEMORIE
IV
NON AVEVO IL TIMORE CHE PRIMA O POI
ANCHE SU ME SI ABBATTESSE LA SCURE
MA UN MATTINO COME FOSSERO EROI
INIZIARONO PRESTO LA TORTURA
FUI DAPPRIMA SMEMBRATO E MARTORIATO
NESSUNO SENTÌ LE LAMENTAZIONI
FUI ABBATTUTO SEGATO E UMILIATO
TRA LE URNE DELLE VOSTRE DORMIZIONI
QUALI COLPE ABBIA AVUTO NON SAPRÒ MAI
NEANCHE IL PERCHÉ DI QUESTA TRISTE SORTE
¿A COSA SERVE LAMENTARSI ORAMAI?
LO SA IDDIO E CHI TEME LA MORTE!
ALL’ORIZZONTE CI SON NUVOLE E GUAI
E DALLA TERRA SI ALZA UN GRIDO PIÙ FORTE
V
ERO LIBERO SVETTANTE NELL’ARIA
GELÒ LA LINFA NONOSTANTE IL SOLE
RICORDO BENE C’ERANO LE VIOLE
VENNE LA BESTIA INFIDA E CONTRARIA
NON ARRECAVO DANNI O DISPIACERE
RESISTEVO AI VENTI E ALLE INCOMPRENSIONI
MA SI SA BASTA UN PAIO DI TESTONI
E L’ARROGANZA DI ESIBIRE IL POTERE
RIMASI VITTIMA DI UN IMBECILLE
CHE A CONTRADDIRLO SPRIZZA DI FAVILLE
COSÌ FUI MUTO COME QUEGLI ALTRI
QUALI VITTIME DEI SOLITI SCALTRI
E NESSUNO ASCOLTÒ I NOSTRI LAMENTI
CONTRO UN MANIPOLO DI DELINQUENTI
VI
COME GEMELLI VEGLIAVAMO I MORTI
TRA I LAMENTI E IL PIANTO DELLE CONSORTI
CON LE PREGHIERE LE NENIE E I ROSARI
SFOGLIANDO LE PAGINE DEI DIARI
HO VISTO MORIRE MIO FRATELLO
SCAPPAR VIA DAI SUOI RAMI UN UCCELLO
FUI ABBATTUTO NON PERCHÉ MALATO
MA UNA SPECIE DI RAGIONE DI STATO
LA SCELLERATAGGINE FU LA NORMA
E LA DESOLAZIONE NE PRESE FORMA
¿CHE COSA RESTERÀ DEL NOSTRO LEGNO?
NEANCHE CENERE PER UN UOMO INDEGNO
E LA CADUCITÀ DI TANTA EMERGENZA
SARÀ UNA CONDANNA COME SENTENZA
VII
FUI IL SETTIMO DELLA LISTA INFAME
A CEDERE ALLA FORZA DEL POTERE
CHE SI RISPECCHIA NELLE SUE BRAME
RINCORSE PER ANNI COME UN DOVERE
FACILE ABBATTERE CHI INERME ASSISTE
AI LOSCHI AFFARI DI GENTE INQUIETANTE
CAPTA LE ONDE RIFERISCE E RESISTE
E PARLA COL CIELO CHE RESTA DISTANTE
ERO FORSE UN TESTIMONE SCOMODO
DI DESTINI INDOTTI O MALGOVERNATI
COME SI TRATTASSE DI UN ANTROPODO
E NON DI UOMINI CHE FURON TRASLATI
DENTRO UNA CASSA COME UN INCOMODO
CHIUSI NELL’URNE E ESSERE SCORDATI