Magazine Diario personale
Oggi visita dalla dermatologa. Per chi non lo sapesse la mia dermatologa ha i baffi (vedete un ritratto realistico nella foto), ma tant’è.L’appuntamento è alle 14, in uno studio a (sole!) 4 fermate di bus dall’ufficio.Sposto la pausa pranzo, avverto il capo e mi imbarco.
Da brava donnina previdente, ho messo un tacco basso perché c’è da camminare un po’.A Milano è scoppiata l’estate. Lungi da me lamentarmi, ma se aspettava un giorno in più per me era meglio.
Il bus arriva, ok, sono solo 4 fermate, ma pigiata in mezzo a una mandria di studenti delle scuole medie, sì proprio quelli che hanno gli ormoni a manetta e puzzano come delle capre in mezzo alla stalla. Sì, quelli che sta per finire la scuola, non hanno niente da fare a casa e ciarlano concitati come se avessero ingoiato le pile Duracell. Cè tipaaaa, cè tipoooo…Voglia di adolescenticidio sta'bbona.
Arrivo allo studio in anticipo. Arriva la baffona e fa quello che deve fare. Ahia. Ahia. Ahia. Ehi, Tom Selleck, vacci piano, è la mia faccia quella lì sotto.
Prima di uscire mi dice dieci, dico dieci volte di non prendere il sole. Tranquilla zia, io non prendo il sole neanche al mare, io uso la protezione solare 50 al posto della crema viso, quando io mi spoglio in spiaggia si abbronzano gli altri da quanto rifletto la luce. Entiende?
Esco dallo studio e tàc! Mi si rompe un tacco. Achhhporcputtincul! Sono le 14.30. Sapete quanti negozi sono aperti prima delle 15 fuori dal centro di Milano? Una minchia. Mi avvio verso la fermata del bus camminando come una che cerca di trattenere una noce tra le chiappe. Tac. Pouf. Tac. Pouf…. Oh voi che vivete in provincia e credete che chi lavora a Milano fa una grande vita, “Eh, Milano, i negozi, le opportunità...!” Milano una minchia! Vi dico io. Sapete quanti calzolai ci sono in due chilometri di strada? NESSUNO. Sapete quanti negozi di scarpe? NESSUNO. E non cercavo un negozio di scarpe fighe, anche la Valleverde sarebbe andata bene, anche il Dottor Scholl… e invece neanche quello. Sarei stata la cliente ideale: ero obbligata a comprare, con poco tempo e poca scelta. Invece un bar, due bar, tre bar, un Pam, una stireria (“che ce l’ha un paio di scarpe che nessuno ha ritirato, numero 37?”), due negozi di abbigliamento per anziani (ma senza scarpe), un alimentari, un negozio della Kartell, ma senza Cinderella (sfigato!), una farmacia senza scarpe ortopediche. Come ho fatto a vedere tutti questi negozi? Semplice, il bus non è mai arrivato per un incidente, e io sono dovuta tornare in ufficio a piedi. Ho appena controllato, sono due chilometri. Tutti camminando con un tacco solo.E, per il piacere della Baffons, tutti sotto il sole cocente delle 15.00.E dulcis in fungus, adesso tocca pure tornare a casa.
Secondo me le scarpe dovrebbero essere dichiarati beni di prima necessità e poter essere venduti anche dagli alimentari. Voglio dire, se vendono le sigarette, perché le scarpe no? Facciamo un sondaggio rapido e indolore: secondo voi le scarpe sono più o meno necessarie del Puzzone di Moena?
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