A scrivere questo articolo pensavo da tempo. Col rientro a scuola e ascoltando conversazioni disperate di mamme e papà (vivere a Roma e passeggiare per strada offre numerosi spunti sociologici, grazie mamme e papà dalle voci altosonanti) ho pensato che fosse proprio il momento giusto. La questione è: quanto senso ha lagnarsi dei compiti dei propri figli? Perché i genitori ne parlano come se fossero i propri? Perché i bambini figli di genitori della nostra generazione (sono nata negli anni Settanta), proprio quella dell’autonomia, dello sbagliare liberamente, della gioia dell’apprendimento, sono quelli che se la mamma non è seduta di fianco e non ci aiuta con le materie umanistiche e il papà con quelle scientifiche (ché per un po’ di maschilismo lo spazio si trova sempre) i compiti “si rifiutano di farli”?
Per carattere e approccio non riesco a non essere polemica e mi dispiace se qualche genitore tra i lettori di queste pagine si sentirà punto sul vivo. Il carattere tende a non transigere su alcuni punti: i bambini devono svolgere i propri compiti da soli e i maestri hanno un’idea ben motivata e consapevole della quantità di lezioni da studiare. Il genitore deve essere di supporto agli uni e agli altri senza cedere a tentazioni da ipercontrollo e onnipotenza, giacché a meno di non essere a loro volta insegnanti o maestri, tenderei a preferire che non si intromettessero nel lavoro altrui, perché sì, care mamme e cari papà che tutto sapete di scuola e di educazione, ci sono alcuni genitori, me compresa, che vi ritengono molto arroganti quando pretendete di affiancare nei compiti anche gli insegnanti.
Alle domande di cui sopra in maniera molto superficiale io ho dato delle risposte ma sono risposte da chiacchiera tra amici che nessuna valenza oltre a quella dell’opinione hanno, vale a dire: la libertà avuta da bambini col tempo e l’esperienza si è trasformata in una sorta di senso d’abbandono per cui se non faccio i compiti ai miei figli sono proprio come mia madre che stava seduta a leggere in poltrona mentre io mi scervellavo su un problema per poi prendere un umiliante 7; Se non faccio compiti a mio figlio e lui non raggiunge l’eccellenza della mamma o del papà del suo amichetto cosa ne sarà di lui, della sua autostima e dei suoi risultati scolastici?; meno compiti significherebbe più tempo da dedicare ad attività bambine, il che cozza però con la cristallina e luccicante idea del nostro passato di bambini selvaggi e liberi nella natura (io, per dire, i compiti li ho sempre svolti da sola, proprio da sola nella mia stanza, con risultati a volte eccellenti a volte no e avevo tanto tempo per giocare con altri bambini all’aria aperta, leggere, guardare la tv o per superare il mio personale record con l’hula hoop).