The Freak in collaborazione con l’associazione studentesca Anime Salve S.p.A. ha incontrato, nell’accogliente atmosfera del Vinodromo di Milano, Giorgio Fontana, il giovane autore di Per legge superiore (Sellerio Editore).
Giorgio è nato nel 1981. Ha pubblicato i romanzi Buoni propositi per l’anno nuovo (Mondadori 2007) e Novalis (Marsilio 2008), il reportage narrativo Babele 56 (Terre di Mezzo 2008) e il saggio La velocità del buio (Zona 2011). Nel 2012 ha vinto i premi lo Straniero e Racalmare - Leonardo Sciascia ed è stato finalista del Premio Roma.
Arrivi al terzo romanzo con maturità e consapevolezza. Sei soddisfatto del tuo lavoro?
«Devo ammettere che dei tre libri che ho scritto questo è quello che mi ha dato maggiore soddisfazione per la potenzialità e il tipo di idee che sono riuscito ad esprimere. Non lo considero tuttavia un punto di arrivo ma un buon punto di ripartenza.»
Un libro “riuscito”, insomma?
«Posso dire di si…senza falsa modestia.»
Parliamo della storia: Per legge superiore è prima di tutto il ritratto di un magistrato di fronte a un dilemma morale che gli fa percepire, con abbagliante chiarezza, quanto sia divenuta inadeguata l’idea di giustizia che coltiva da sempre. Per legge superiore è una storia di Giustizia, quella con la “G” maiuscola, quella che va oltre il confine tracciato dalle leggi scritte. Al centro del romanzo c’è la figura di Doni, sostituto procuratore a Milano che ha già varcato i sessanta, un uomo elegante, rispettabile, un vero campione di etica professionale, un modello di sobrietà nell’agire e nel parlare.
Qual è l’idea di giustizia di Doni?
«L’idea astratta di giustizia di Doni corrisponde alla corretta applicazione di quello che è il “diritto costituito”. Doni è consapevole dell’imperfezione di quest’ultimo ma sa allo stesso tempo che nessuno è, né può essere, al di sopra delle leggi.»
Quanto ha inciso nella stesura del tuo romanzo il contesto socio-politico-economico che stiamo vivendo?
«Meno di quanto si possa pensare. Parlavo con un amico, il quale mi ha detto: «Scrivi di diritto e magistrati in piena era berlusconiana?». Gli ho risposto: «Doni non ha nulla a che vedere con la Boccassini e con i magistrati che ruotano attorno a Berlusconi». Posso dire di aver scritto questo libro in uno stato di felice irresponsabilità. Avevo già parlato abbastanza del berlusconismo ne La velocità del buio, quell’argomento era già stato abbondantemente trattato, in un certo senso era saturo… Ecco da cosa deriva lo stato di felice irresponsabilità.»
”Il personaggio di Doni è uno dei più belli della nostra letteratura recente, con la sua storia comune, i suoi dubbi e incertezze morali, e infine il suo rifiuto di accettare il mondo com’è, l’Italia com’è.” (G. Fofi, “Internazionale”). Condividi il rifiuto del tuo personaggio?
«Condivido il rifiuto di Doni. Anche se non è il caso di fare dietrologia sul personaggio del romanzo, diventerebbe un saggio.»
Come dovrebbe essere il mondo, in un aggettivo?
Giorgio si ferma a pensare. Ma non sembra spiazzato. Ha chiaramente l’aria di chi non vuole dare una risposta tanto per riempire la conversazione.
«Ci vorrebbe un’infilata geniale» dice. Ma sta prendendo tempo.
«Equo… Nel senso di “giusto”». Risponde.
Giorgio ha assolto al dovere. Ha risposto. Ma un aggettivo si vede che gli sta stretto. È vero, molte volte “less is more”, ma il mondo ha troppe sfumature, ha troppi problemi, ha troppi perché, per restare imbrigliato in un solo aggettivo. Ammetto che forse la domanda era difficile. E’ difficile ancora di più per chi come Giorgio è laureato in filosofia.
«Fiat iustitia et pereat mundus», disse, calcando la voce sulla congiunzione. «Sia fatta giustizia, e il mondo muoia pure. Sia fatta giustizia, qualunque cosa accada». Queste parole vengono pronunciate da Roberto Doni.
Come dovrebbero essere la giustizia, la magistratura, la legge, in Italia e nel mondo?
«Volete anche la ricetta del Tiramisù di mia nonna? Scherzo! Ma come si fa a rispondere ad una domanda così? La prima cosa che mi verrebbe da dire è che la giustizia, la magistratura, la legge in Italia e la legge nel mondo, dovrebbero essere meno ossessionate dalla legge del taglione.»
In un aggettivo?
«Migliori».
Certo detto così non è il massimo. Ammetto che è la risposta banale di una Nicole Minetti qualsiasi.
Così come Doni è consapevole dell’imperfezione del diritto costituito, Giorgio è consapevole che il mondo non si racchiude in un aggettivo, che la giustizia, la magistratura, la legge, non sono concetti predefinibili né tanto meno “perfetti”.
Ma come non si può essere al di sopra delle leggi, allo stesso modo non si può essere al di sopra del mondo. In fin dei conti il mondo è tutt’altro che “equo” e forse è per questo che c’è la legge, “il diritto costituito”, la magistratura, personaggi come Roberto Doni che non si accontentano di accettare il mondo com’è.
“Migliore” è allora la parola che Giorgio cercava. L’infilata geniale. Certo c’è il rischio che venga confusa con la risposta banale di una Nicole Minetti qualsiasi. Ma per fortuna Giorgio pensa, scrive libri, vince premi letterari. Giorgio è un brillante scrittore. Nicole fa un altro mestiere.
Intervista a cura di Alessandra Bollo & Michele Laurino