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Merantau

Creato il 10 novembre 2013 da Arpio

Merantau-Warrior-Screenshot-2Ci ho messo tantissimo a rimediare questo primo film di Gareth Evans in Indonesia. Ci ricordiamo del regista di Cardiff soprattutto per lo spettacolare The Raid: Redemption, di cui ho già parlato nel post linkato. Evans era un regista mezzo fallito, quando ha avuto la mirabolante idea di trasferirsi senza apparente motivo in Indonesia, dove ha iniziato una serie di film che spaccano di brutto: degli action movie molto belli e che un tempo facevano pure in America, che pare essersi scordata come si fa un action movie, ovvero con le pappine e le arti marziali. Nel suo viaggio in Asia, però, Evans pare abbia conosciuto due o tre attori e combattenti veramente eccellenti e li ficca ovunque. Molti dei volti principali di The Raid: Redemption, infatti, ce li ritroviamo anche qui. A partire dal protagonista, Iko Uwais, interprete principale in entrambe le pellicole. La filmofrafia di Iko, infatti, al momento conta quattro film, tre con Evans e una comparsata sull’obbrobrioso Man of Tai Chi di Keanu Reeves. Anche altri interpreti compaiono in entrambi i film, soprattutto per le loro doti nel “silat”, l’arte marziale indonesiano su cui tutti i film girano attorno.

Il Merantau è un viaggio, una sorta di agoghé dell’antica sparta, che trasforma i ragazzi in uomini. Non sono esperto della disciplina del silat e dell’Indonesia, ma è questo quello che mi è parso di capire. Yuda, cresciuto in un piccolo villaggio intraprende il suo Merentau fino a Giacarta, dove non fa in tempo ad arrivare e trova subito come menare le mani. Se la prende con Jonny, un pappone che sta malmenando una sua “ballerina”. La ragazza, però, era destinata a un carico di cinque fanciulle per un boss ‘merigano, tappetto ma cattivissimo, che la rivuole. Si scatena l’inferno e Yuda dovrà abbattere a calci e pugni tutti gli avversari.

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La trama è quella semplice degli action fatti bene e infatti ingrana presto e si fa sentire. Rispetto a The Raid: Redemption, però, Merentau è più “buono”, nel senso che Iko (faccia angelica e pugni infernali) non spezza neanche un braccio alla gente, al massimo glieli sloga, mentre nel film successivo ammazza la gente senza farsi troppi problemi. Anche i nemici qui sono quasi per nulla armati, al massimo una mazza, solo in un occasione la pistola.
La pellicola potrebbe essere vista anche come un ritratto dell’attuale Indonesia: un po’ contadina, un po’ in espansione, ma sempre un paese virtualmente del Terzo Mondo. Ma di farci un’idea di quella che è l’Indonesia e il loro culti mussulmani poco ci frega, meglio le cinquine e i calci in faccia. Evans ci accontenta subito e a partire dal 20esimo minuto c’è solo una sosta agli schiaffioni, che rallenta un po’ il ritmo del film ma ci regala un po’ di storia.

Un film da vedere sicuramente se si amano gli action e se The Raid: Redemption vi ha dato quella scossa di adrenalina che solo gli anni ’80 sapevano dare. Nell’attesa di vedere il terzo film di Evans, intanto, lascio qui sotto il nuovissimo trailer di The Raid 2: Berental che pare essere una delle cose più fighe degli ultimi 100 anni. Enjoy!



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