Meriam, condannata a morte perché si sente cristiana
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Meriam Yehya è una giovane donna del Sudan, condannata a morte per aver rinnegato la fede musulmana. Con madre ortodossa e padre musulmano, Meriam è incinta di otto mesi ed è attualmente in cella con il figlio piccolo. Il suo è l’ennesimo nome vittima dell’intolleranza religiosa e dell’integralismo. Nonostante sia infatti cresciuta, in seguito all’abbandono del padre, seguendo le linee cristiane, Meriam è figlia di un musulmano e questo la rende per legge della stessa religione.
Per la legge, il matrimonio di una musulmana con un non musulmano (il marito di Meriam) non è valido. Arrestata per adulterio, condannata a 100 frustate e all’impiccagione, al processo ha negato ogni conversione, ribadendo le sue origini e la sua ‘formazione’ cristiana. Ma non c’è stato nulla da fare. Il mondo ha tempo due anni per provare a fermare questo scempio: la condanna arriverà infatti dopo aver garantito alla donna la possibilità di partorire e allattare il nascituro.
Iniziano a circolare le prime petizioni sul web e le prime condanne internazionali. Non è escluso che si potrebbe ottenere qualche risultato: già in passato, in episodi che hanno violato i diritti umani, le forti pressioni delle comunità internazionali hanno evitato il peggio. Amnesty International ha già definito la sentenza “semplicemente ripugnante”. Non è ammissibile che una donna non possa scegliere che religione seguire. Vogliamo il rilascio di Meriam.
Se lo volete anche voi, firmate questa petizione http://www.italianblogsfordarfur.it/petizione/index.php
La voce di Meriam non è spenta. Tutti noi dobbiamo alimentarla.
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