Oggi Mario Monti ha partecipato al vertice trilaterale tra Italia, Francia e Germania nato per trovare una strategia comune sulla crisi finanziaria e sul varo degli Eurobond.
Innanzitutto, cosa sono gli Eurobond?
(Fonte polisblog). Sono obbligazioni europee. Ovvero, titoli di debito denominati in Euro, garantiti dall’Unione Europea anziché da singoli stati membri. Sarebbero, in sostanza, dei titoli di stato dell’Europa, vista come entità unica….
Per maggiori approfondimenti potete leggere QUI (fonte Il Post)
L’incontro non è andato bene, le divisioni tra strategie sono rimaste tutte. La Germania NON vuole gli Eurobond perche sarebbe costretta a pagare un po’ di piu di interessi sui titoli di stato. Da Linkiesta, i risultati deludenti del summit:
Ancora un no agli eurobond e ad un mandato più ampio per per la Bce. Si chiude così il summit di Strasburgo tra Italia, Francia e Germania che però apre alla riforma dei Trattati Ue. Si coferma così che è l’istituzione guidata da Mario Draghi a doversi fare carico del fardello della crisi di liquidità per le banche europee. Monti garantisce che l’Italia «farà i compiti a casa» mentre il mercato obbligazionario continua a essere nervoso e domani l’Italia va in asta per ben 8 miliardi. Intanto i rendimenti dei Btp a 10 anni sono di nuovo ai massimi. Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/node#ixzz1eedAdjGd
Da Il Fatto Quotidiano una breve analisi delle posizioni dei tre Capi di governo:
Sarkozy irritato, anzi furioso per il fallimento del vertice di Strasburgo. Lo rivela Le Monde. Al centro il mancato accordo sul ruolo della Bce (leggi l’articolo di Matteo Cavallito). Dall’incontro intanto Merkel-Monti-Sarkozy esce una prima certezza. “La volontà di aiutare il governo italiano”. Questo l’incipit di Nicolas Sarkozy durante la conferenza stampa a Strasburgo. Un concetto ribadito dalla stessa cancelliera: “Monti ha un grande lavoro davanti”. Sul tavolo del vertice tre grandi temi: il pareggio di bilancio italiano entro il 2013. Monti conferma. Il progetto politico comune. Merkel lo ribadisce più volte. L’unione fiscale sulla quale sembra esserci l’accordo unanime. Conflitto invece sugli eurobond (leggi la cronaca). Monti ne vede l’utilità, ma solo dopo aver individuato una buona governance. Sarkozy sta sulla stessa linea. Contraria la Merkel che boccia ancora una volta i cosiddetti stability bond perché “azzerano la concorrenza”
Cosa rischiamo noi Italiani? Potremmo davvero fare la fine della Grecia, per la quale si ipotizza una uscita dall’Europa Comunitaria entro breve tempo?
Da il Post eccovi quattro buone ragioni per non farsi prendere dal panico:
1. Un grande mercato
Per quanto possa sembrare paradossale, l’enormità del nostro debito pubblico è in parte la nostra salvezza. Il debito pubblico italiano è il terzo più grande del mondo. Non è formato interamente dai titoli di Stato, ma questi pesavano, a fine 2010, per 1.548 miliardi di euro su 1843. Ci sono pochi altri mercati nel mondo così grandi: quello tedesco è più piccolo, per esempio, e quindi una lunga fila di compratori per i Bund tedeschi causa un abbassamento dei rendimenti nei titoli di Stato tedeschi, che stanno raggiungendo dei minimi storici. In altre parole, ci sono soltanto pochi paesi che non hanno ancora seri problemi a pagare e garantiscono rendimenti relativamente alti.2. Un debito “stabile”
Il debito pubblico italiano è gigantesco, intorno al 120 per cento del totale della ricchezza prodotta nel paese in un anno, ma è su quei livelli (diciamo oltre il 100 per cento) da quasi vent’anni, con cambiamenti relativamente contenuti e una lunga fase di lento miglioramento. Grecia, Portogallo e Irlanda hanno invece avuto un’esplosione dei livelli del debito rapida e improvvisa dall’inizio della crisi.3. Pochi debiti con l’estero
Rispetto agli altri paesi colpiti dalla crisi, l’Italia ha un indebitamento estero netto relativamente basso. L’indebitamento estero netto è il totale di quanto i governi e gli investitori stranieri possiedono in Italia, meno quanto il governo e gli investitori italiani possiedono all’estero. Nel 2010 questa cifra era del 24 per cento del PIL, non molto di più di Regno Unito e Stati Uniti e molto meno di Grecia (96 per cento), Portogallo (107 per cento) e Spagna (90 per cento). La spiegazione dei livelli di indebitamento con l’estero sta nel meccanismo che ha portato i capitali degli investitori dei paesi “forti”, come la Germania, verso quelli a economia più debole, periferici, ma di cui l’Italia non ha fatto parte.4. Il punto di non ritorno non esiste
O meglio, potrebbe essere ancora decisamente lontano. In questi giorni si è parlato molto, anche da parte di autorevoli esponenti politici, dell’innalzamento dello spread con i Bund tedeschi, e del fatto che oltre una certa soglia (inizialmente 450 punti base, poi alzato a 500 o a 600 o ad altri ancora) il debito italiano diventerebbe “insostenibile”. In realtà, il default di un paese accade solamente quando nessuno è più disposto a prestargli denaro, e questo dipende da moltissimi fattori che tengono conto della situazione economica complessiva del paese.
Quanto ai meri dati numerici, bisogna ridimensionare anche le conseguenze dell’aumento degli interessi sui titoli di Stato. Questi hanno diverse scadenze: l’Italia sta ancora pagando obbligazioni trentennali emesse nel 1981, ovviamente con i tassi di interesse che promise allora. Allo stesso modo, l’aumento degli interessi degli ultimi mesi interesserà solo quella parte del debito pubblico che si è creata negli ultimi mesi, e che pagheremo solo in futuro, con diverse scadenze. Finora, l’aumento degli interessi ha avuto un impatto molto relativo, nell’ordine di una quindicina miliardi di euro di maggiori spese che pagheremo di qui ai prossimi tre anni. Sempre un mucchio di soldi, ma rispetto ai 1843 miliardi di euro complessivi poca roba.
Linkiesta invece ci parla della Francia e della possibile crisi prossima ventura per il paese di Sarkozy:
“La Francia? In crisi nera, il downgrade è cosa fatta”
La situazione delle banche transalpine potrebbe essere il nuovo fronte della crisi europea. Nel mirino c’è soprattutto Société Générale, che ieri ha toccato la quotazione minima dal 1992. Il pericolo peggiore potrebbe arrivare dal downgrade del debito sovrano. Secondo Alexandre Delaigue, docente di Economia all’École spéciale militaire de Saint-Cyr, «la tripla A francese è già persa». E sottilinea: «SocGen non è come Lehman Brothers». Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/la-francia-crisi-nera-il-downgrade-e-cosa-fatta#ixzz1eegrEWZA