Boro KrivokapićParafrasando a un certo punto Gide, lei si lamenta del destino dello scrittore: «... solo un pazzo può scrivere libri sapendo che nessuno li leggerà». Come vede questa continuità espressa nei termini «nessuno legge nulla»?
Danilo KišLe frasi che cita non hanno bisogno, mi pare, di alcun commento […] I nostri scrittori, più o meno tutti, guardano alla funzione della letteratura (come del resto anche i critici) con gli occhi del secolo scorso, come se sul piano dello spirito e delle idee in questi ultimi cento anni non fosse cambiato niente. La letteratura non è più un'istituzione! Gli scrittori non sono più tribuni né bardi! Al massimo, forse, sono dei diplomatici. La letteratura, oggi […] è un rifugio dello spirito, una bottiglia in cui è stato messo un messaggio e che naviga sui mari senza un destinatario. In ciò risiede il tragico malinteso tra scrittore e realtà, in questa convinzione, in questa presunzione infantile secondo cui lo scrittore «descrivendo la realtà» sembra cambiarla... Per capirci: nessuno legge nulla significa soprattutto che nessuno cerca risposte nella letteratura, e dunque è per questo che non legge, e non solo perché gli scrittori non scrivono in modo sufficientemente chiaro di problematiche contingenti. Vi è un reciproco collegamento dialettico tra gli eventi, per cui la letteratura è cambiata e cambia perché nessuno cerca in essa le risposte. Tutto il resto sono fatti extraletterari».
Danilo Kiš, Homo poeticus, Adelphi, Milano 2009 pag. 131-132 (traduzione di Dunja Badnjevič)
È una fortuna che questo messaggio continui a navigare dentro una bottiglia senza un destinatario preciso in cerca di un lettore senza nome. Per la letteratura è la garanzia di poter continuare a esistere senza trasformarsi in una parodia di se stessa, senza cioè diventare fede. La letteratura cessa di essere tale quando si trasforma in fede, o meglio, quando qualcuno la produce, la fede, fossilizzandosi sulla lettura di un solo libro per poi diventarne sacerdote. La letteratura è l'antidoto migliore alla pervasività, all'invadenza, alla dittatura delle Religioni quali esse siano. (La fortuna della Bibbia è che si può smontare in tanti libri, in tanti autori diversi, in tanti passi contraddittori, la si può riportare a terra e farne misera letteratura. Del Corano non so dire: ma il fatto che sia considerato il Libro la dice lunga). Presumo che non vi siano peggiori lettori che gli uomini di fede (generalizzo, togliete le dovute eccezioni). La persona che crede, che ha fede... cosa vuoi che legga a fare... per avere dubbi? Per seminare nell'animo suo zizzania? Per stimolare la ricerca di un altrove? Chi ha già fede legge per imparare, per specializzarsi, per diventare un bravo servitore di Dio quaggiù in vista di un lassù. Ma la vera letteratura non insegna niente, non specializza nessuno, non mira certo a illudere i lettori. La letteratura non parla dell'eterno, si ferma solo sul minuto. La letteratura non fornisce certezze, anzi: quella vera fa crollare anche le più salde. La letteratura scombussola, provoca, inquieta, solletica, diverte (in senso proprio), smuove corpo e mente e lancia il lettore allo specchio a piangere o a ridere e, in entrambi i casi, a disegnare un S.O.S. nella nuvola di fiato che gli nasconde il volto. E lo scrittore di ieri, di oggi e di domani riceve quel messaggio e invia la sua scialuppa-libro in soccorso del lettore smarrito con se stesso. Da un po' di tempo, credo (e lo dico da lettore), molti salvataggi li compie anche quella particolare specie di scrittore chiamato blogger