Messaggio [stanco] di fine anno
Creato il 31 dicembre 2010 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Cari amici, fratelli, compagni e affini (sono ovviamente compresi tutti i sessi possibili), siamo arrivati alla fine di un altro anno di merda. A noi personalmente le annate pari portano una sfiga terribile, in quelle dispari la sfiga si attenua ma resta sempre di punta, come un bracco nella maremma toscana. C’è poco da ridere e ancora meno da sghignazzare. Ieri abbiamo detto la nostra su Alarico-Marchionne. Di Berlusconi ne abbiamo parlato tutto l’anno. Di Fini pure. Di Casini anche e Capezzone è stato il centro costante dei nostri incubi peggiori. La sua faccia da killer seriale ci ha tenuto compagnia d’estate e d’inverno immota, fissa, con lo sguardo vitreo e, ultimamente, con un livido sullo zigomo. Abbiamo parlato di politica (che palle!) e dei politici. Di sindacato e dei sindacalisti. Abbiamo detto alla Chiesa e ai suoi pastori (tedeschi e non) quello che di lei pensiamo e senza circonlocuzioni. Abbiamo ricevuto complimenti e critiche, qualche offesa e apprezzamenti che ci spingono ad andare avanti. Quando il nostro cervello (e non solo quello) è andato in pappa ci siamo presi una settimana di riflessione ma poi siamo tornati a mordere le notizie come farebbe un qualsiasi giornalista libero e non di Libero. Per quanto riguarda l’informazione ci sono state alcune conferme e molte delusioni. Le conferme vengono tutte dallo schieramento “padronale”, quello irreggimentato dalle veline di Palazzo Chigi con in più una caccia all’uomo che ha avuto in alcuni momenti il sapore acre di tempi bui che credevamo definitivamente morti e sepolti. Le delusioni maggiori riguardano tutte la stampa cosiddetta indipendente che poi indipendente non è. L’ex Corriere della Sera, La Stampa (che sul caso Fiat non può non essere accondiscendente con l’editore di riferimento), La Repubblica che, a parte qualche spunto di pregio, resta pur sempre il giornale di Debenedetti per cui, ad esempio sulla sanità, mantiene sempre un atteggiamento guardingo. L’Unità che in piena crisi economica campicchia con le comparsate televisive di Conchita, o Concita, De Gregorio (a seconda del tasso esotico con cui la si vuole chiamare), in grado di favorire la vendita di qualche copia in più, ma a Soru non basta. Il Manifesto che è l’unico giornale (meno male) che insiste a chiamare i fascisti con il loro nome e per questa ragione non si vergogna di non considerarli esseri umani normali e infine c’è Il Fatto Quotidiano che, diciamocelo, dal primo numero ad oggi è rimasto sempre uguale a se stesso. Come quelle trasmissioni televisive che hanno un format di successo, e si guardano bene dal modificarlo, alla fine risultano di una noia mortale, così Il Fatto Quotidiano si è ridotto ad essere il diario di Marco Travaglio o poco più (non a caso ne è diventato il vice-direttore). Dovevano sommergerci di inchieste, di analisi “alte”, di un marcamento a uomo asfissiante ai governanti nani, ma non ci aspettavamo che usassero gli stessi mezzi della concorrenza che possono essere tradotti con “insegui lo scoop”. Hanno contatti web giornalieri da primato, continuano a vendere copie cartacee (anche se secondo noi stanno iniziando a vedere le prime crepe), ma sinceramente di sapere che ne pensano del mondo Oliviero Beha o Massimo Fini o Bruno Tinti o il presunto radical-chic Flores D’Arcais, ci interessa fino a un certo punto, o dobbiamo essere grati a Lopez (o Gomez) di ospitare fra i suoi blog quello di Fabio Granata? Hanno confezionato l’inserto satirico cercando di imitare gli esempi nobili del Male, di Cuore, di Tango e perfino del caro, vecchio Canard enchainé ma il risultato non è stato all’altezza; infatti più che ridere ci fa innervosire. Lo confessiamo senza alcuna vergogna. Appena nato (e sottolineiamo appena nato), abbiamo inviato al Fatto Quotidiano le nostre brave email nelle quali ci offrivamo di collaborare, ci sentivamo parte di quella famiglia che apparentemente nasceva senza sponsor e ne condividevamo l’impostazione editoriale. Ci fosse stato un cane che ci abbia risposto neppure per dirci “amico scrivi di cazzo”, “siamo al completo”, “le tue idee e la tua penna non ci interessano”. Madonna che silenzio c’è stasera! E questo nostro giudizio non suoni come la riproposizione della favola della volpe all’uva perché non lo è. È solo che dai “paladini” della giustizia, della verità e della correttezza ci saremmo aspettati almeno una risposta e non il comportamento che adottano quelli che hanno una terribile puzza sotto il naso (anche perché di puzze sotto il naso ne abbiamo a milioni anche noi). Insomma, al già desolante panorama dell’informazione italiana si è aggiunto da qualche mese il Tg di La7, quello di Enrico Mentana. Accolto a suon di milioni di telespettatori come il più “guardabile” del panorama giornalistico televisivo, in poco tempo è diventato l’espressione più strisciante del berlusconismo d’accatto. Non so chi di voi abbia seguito il Tg di Mentana nel periodo natalizio ma, specie nell’edizione delle 13 e 30, lo spazio concesso a Silvio (senza contraddittorio) è stato superiore a quello che di solito gli concede Emilio Fede. Se uno fa carriera a Mediaset, e quando se ne va si porta a casa una liquidazione milionaria, con che coraggio bastona l’elargitore di tanta magnanimità? Italiani, coraggio. Stanotte arriva il 2011.
PS. Grazie al mio amico Giuseppe Piscopo per la splendida “Anarchia ubriaca”.
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