sono seduta in questo momento in aeroporto, pronta a prendere il secondo aereo della giornata che ci porterà da Mexico City a Parigi Charles De Gaulle. Da lì, Milano, casa. Siamo appena arrivati da Cancun…in realtà abbiamo soggiornato nella magica Tulum, regalandoci 5 giorni splendidi.
Prima di partire da Guadalajara, ci è stato detto: “Per voi sarà come una luna di miele”
Per la prima volta in vita mia, ho avuto la risposta pronta: “noi siamo sempre in luna di miele”.
Una luna di miele speciale, di quelle in cui certi giorni ti svegli male, a volte poco ti tolleri, volano porte chiuse in faccia, paroloni, ma il fiume di quello che siamo non viene mai spezzato da bugie o fraintendimenti e le paranoie cercano sempre riparo in dialoghi schietti.
Si perché io credo che amare sia questo, infine: trovare le zone d’ombra dell’altro, guardarle, magari rimanerne un poco intimoriti, per poi accoglierle, abbracciarle, imparando ad adorare anche quei lati oscuri che prima ci facevano sembrare solo dei weirdo. Ed è bello quando due weirdo combaciano come un puzzle perfetto.
Mi sorprendo sempre quando parto: i giorni volano e sembra ieri che avevamo chiuso casa, messo l’allarme, caricato le valige e riempito i borsoni di magliette e cotone, alla ricerca del sole e del caldo messicano, dopo un iberno rigido, decisioni importanti e scelte non facili.
Ed invece eccoci qui: nella sala di aspetto, con computer alla mano e mille parole da scrivere, pensieri da riordinare, email da rispondere. Procrastino parole inzuppando wafer immangiabili in un tè leggero, aspettando con ansia il momento in cui saliremo sull’aereo e berrò fiumi di Poissy, mangiando tutto il carrello del formaggio francese che Air France ci offrirà, mentre corriamo contro fusi orari e nuvole.Far ripartire la quotidianità da dove l’avevamo lasciata, quasi sospesa in una bolla spazio temporale totalmente irrealistico, carica di abiti da lavare e scenari meravigliosi che i miei occhi hanno immagazzinato con profumi, sorrisi, carezze.
Partire è un po’ come morire, dicono. Forse perché sai che lasci una parte di te, in ogni luogo che visiti. Chiudi capitoli, cominci nuove storie, ti abbandoni a quello che il flusso della vita ti porta a diventare. E così quando l’aereo decolla, vedi quei pezzi di te, a volte zavorre, che abbandoni con un pizzico di magia, quasi a graffiti indelebili del tuo soggiorno.
Tulum. Oh Tulum.
Colori, vento, biciclette dal mattino alla sera. Caldo, tanto caldo. Un piccolo ostello dalle pareti colorate e piccole luci accese a festa ad accoglierti. Colazioni lunghe, pigre, sabbia tra le dita, nella borsa e tra i pensieri. Bagnoschiuma al cocco, piccoli negozi dove avrei voluto compare ogni abito e ogni souvenir.
Ristoranti vegani dove mangiare il miglior ceviche mai assaggiato prima: e guarda un po’, senza pesce, ma solo a base di cocco e una riduzione al lime da perdere la testa.
Ho comprato vaniglia, un abito cucito a mano, una piccola tovaglia e un anello fatto di una pietra che sono certa sarà benaugurante.
Come mi sento?Ammetto, in questo periodo non mi sento al mio massimo. Potrebbe sembrare una bestemmia visto la meravigliosità di esperienze che sto collezionando, quasi fossero un rosario di virtù di smeraldi.
Avete presente gli aerei che volano alti sopra di noi?Ecco, volano, ma non vuol dire che siano leggeri, anzi. Si ha la netta sensazione che siano così pesanti da essere corazzati. Volano per carità, nonostante questo.
Eppure per chi come me ha fatto della leggerezza uno stile di vita, questi momenti non sono di facile gestione.
Da cosa è dovuto?Potrebbe essere da alcune paranoie di cui non riesco a liberarmi, anche se razionalmente ci provo, mi impegno, investo lacrime e energia per dissuadermi di realtà che sono al limite della pazzia. Eppure c’è sempre quel bagliore che mi fa dire: e se non fossi pazza?E se le mie paure fossero vere?
Sto riscontrando in diverse persone che credevo amiche, affetti sinceri, un’intenzione all’uso e all’abuso. E questo mi ferisce, mi tormenta. Non riesco a guardare oltre. Ma non riesco nemmeno ad affrontare la situazione perché in certi momenti è meglio pensare di essere noi quelle sbagliate, perché nel momento in cui decidiamo che dobbiamo affrontare queste delusioni, è anche il momento in cui nel nostro cuore si scatena un temporale di frecce, che lo lasciano un po’ sanguinante, un po’ più arreso. Questi nostri cuori che continuano a battere, a crederci, in tutto e nonostante tutto.
Sarò naive, ma preferisco essere così e addossarmi le eventuali colpe altrui, piuttosto che mettere in discussione gli altri: si perché poi, una volta scoperto il trucco e l’inganno, siamo troppo oneste per delegare questa ennesima sfida. Ci troviamo costrette ad affrontarla e per come siamo fatte, a cambiare razionalmente, chiudendo porte che forse non vanno chiuse.
Si perché una cosa c’è da imparare: l’indulgenza.
Nessuno è un super eroe. Tutti sbagliamo. In nome dell’amore, per trascuratezza a volte. MA dobbiamo imporci di essere più aperte verso gli errori – nostri e altrui.
Ammetto anche che è un momento delicato. Uno di quei momenti che ogni donna affronta ad un certo punto della vita. Guardi le ragazze nei bar, le vedi così belle, toniche, con un mondo di opportunità davanti a loro e pensi: se solo avessi creduto più in me stessa, quando avevo vent’anni. Se solo avessi imparato a lottare da subito per la mi a personale ricerca di felicità. Se solo avessi capito cosa vuol dire introspezione. Ed invece eccomi qui, con mille difetti che nemmeno riesco ad elencarli, la paura atroce di non essere mai abbastanza, i continui paragoni con chi mi circonda. Mi sento…vecchia. Flaccida. Guardo la pelle dei gomiti e i miei capelli che ormai necessitano sempre più ritocchi per coprire capelli bianchi. Mi riempio di antirughe, dormo con impacchi di rigenerante intorno agli occhi e nonostante questo mi vedo troppo vecchia. Ho in testa il ticchettio del mio orologio biologico e sono T E R R O R I Z Z A T A che quello che ho sempre sognato non succeda. Aspetta: era ieri che compivo 33 anni. Tra nemmeno tre mesi ne avrò 36. Non ci avevano detto – e noi ci avevamo creduto – che a 36 anni avremmo avuto una casa grande, spaziosa, con magari due bambini e un labrador, un marito adorante e un secchiello di Vuitton per andare a fare la spesa…magari una casa al mare, una carriera solida e nessuna preoccupazione se non quelle che ci saremmo inventate per sparlarne con le amiche. Si badi bene: amo la mia vita. Mi piace essere gipsy, in viaggio alla continua ricerca ed esplorazione. Amo incontrare persone, inventari ogni giorno qualcosa di nuovo.
E poi temo: per i miei genitori. E se, mi continuo a ripetere. Ed è questo se che non voglio affrontare, perché io voglio credere in una logica che ci porta a rincontrare sempre chi amiamo nelle vite future. MA quando?E come?E soprattutto, che memoria avremo di quello che è stato?
Non ce n’è: dobbiamo attingere anche alla più nascosta risorsa di positività, quelle che pensavo perse, sepolte e che magari non abbiamo nemmeno tanta voglia di rispolverare.. Perché basta poco, basta alzare lo sguardo, osservare i tramonti che ogni giorno ci vengono regalati, al di là di ogni ovvietà. E poi: credo che non smetterò mai di lottare per la trasparenza dei rapporti e la sincerità al di sopra di qualsivoglia schema e scappatoia.
Mi sono ripersa in divagazioni. Torniamo a Tulum.
Tulum è da vedere. Da gustare. L’aria come dicevo è sempre calda. Si esce con i capelli bagnati, che si asciugano nella sera fatta di stelle. Coriandolo in ogni dove. Succhi di anguria e acqua di cocco direttamente in spiaggia. Mango a iosa. Ceviche – oh la ceviche è il mio nuovo feticcio. Guacamole, con pomodoro e peperoncino fresco. Cipolla. E la mole, l’avete mai provata questa salsa che sa di cioccolato nella quale sono racchiuse più di 50 spezie diverse?
Il cielo è incredibile: il sole ha un cerchio di arcobaleno intorno e ci sono stupendi uccelli che si alzano liberi sopra di noi, cantando e amoreggiando. Ho visto un’aquila. Al mattino vieni svegliato da il canto di colibrì e le palme offrono un alleato al calore intenso che sprigiona questa magia maya.
In questi giorni abbiamo trovato un posto all’ombra sotto le palme..accanto a noi c’era una coppia di tedeschi di Monaco con il loro bambino di due anni. Ci hanno raccontato che sono in viaggio da due anni, hanno imbarcato il loro furgone e dal Canada sono scesi fino qui. Sono ritornati a Monaco giusto il tempo di fare nascere il loro piccolo Fabien, e poi divenuti tre, sono tornati a riprendersi il furgone e a riprendere il loro percorso laddove lo avevano lasciato. Stanno viaggiando, vivendo e sognando su un piccolo furgone che si ferma in questi luoghi meravigliosi che ci offre la terra che popoliamo, con il loro piccolo bimbo accanto..quasi che l’amore che li lega e che li rende nomadi abbia preso sostanza e vita in questo figlio che già da piccolo impara a correre sulla sabbia, inventarsi giochi con gusci di noci di cocco e cibarsi di tramonti dove il sole è così splendido da sembrare un tuorlo perfetto. Ho adorato la loro storia e il bello è che il marito continuava a ripetere: it’s easy, Just do it.”. E per un attimo mi accarezza l’idea di non salire sull’aereo, di affittare una suzuki e con A. partire verso il SudAmerica e attraversare la terra dei fuochi,l’Argentina, la Colombia e con ogni paese che conquistiamo, abbandoniamo quelle parti di noi ormai vetuste, che sono solo zavorre e che devono essere lasciate indietro.
Comunque: sorridiamo, li salutiamo e ci rifugiamo nella certezza che avendo lasciato la nostra comfort zone, tutto il mondo adesso è comfort. E questi intrecci che si creano sono l’apoteosi della conferma di quanto appena detto.
L’aria sa di incenso. Il che rende ancora più mistico ogni secondo trascorso qui. Si fa yoga, si beve lime e basilico. La vita è bella.
Ed ho intenzione di goderne di ogni attimo: voglio ubriacarmi di progetti e costruire aspettative che diventino poi traguardi. Voglio magia, gentilezza, viaggio e amore, solo amore perché amare ed essere amati è quello che tutti cerchiamo sempre. Senza esclusione di colpi. Voglio che la riconoscenza abiti in ogni stanza delle mie cellule e da qui costruire basandomi su questo un nuovo modus operandi.
Tulum: Indirizzi.
Hartwood : armatevi di pazienza. L’americana che vi accoglie è sgradevole quanto una cicca nei capelli e il clima molto hipster farebbe desistere chiunque. Tuttavia vale la visita. prenotate subito così che possiate assicurarvi un tavolo.
Restaurare: è il vegano di cui parlavo. Da andare assolutamente. Anche per le colazioni, quando potete godere di freschi frullati e centrifugati.
Las Estrellas: un’ottima ceviche e un’amaca che è appesa tra una stella e il mare. Cosa chiedere di più?Andate in spiaggia e godetevi un po’ di lusso…
Playa el Paraiso: spiaggia libera e incredibile. Se siete fortunate verrete abbordati da due ragazze che fanno per 30 pesetas i migliori veggie burgers che io abbia mai mangiato.
Hotel&Hostel El punto: Qui abbiamo dormito. Non è sulla spiaggia ma è adorabile. Bicilette a disposizione e camere confortevoli, pulite e colorate. c’è anche una cucina a disposizione degli ospiti.
Maya Tulum: per fare yoga, massaggi e altre incantevolezze, scortate dal panorama del fashion system di New York – Los Angeles, che si riscopre sempre più bisognoso di ashtanga,
Zamas: come disse il NY Times: ” To be in Tulum means to eat at Zamas, stay at Zamas, drink at Zamas or just enjoy the pink, blue, yellow and teal tables and chairs at Zamas. ” E coda aggiungere di altro?
Josa Tulum: abiti stupendi. Non ho comprato ma sto ossessivamente guardando il loro shopping online e maledicendo la mia morigeratezza…
Gitano: e come non includerlo?Insegne al neon tra piante tropicali, che donano luce rosa e piccole lampadine a segnare la strada. Bere qui, rigorosamente, dopo cena. Scegliere un kisses in the car, oppure un gipsy disco. E cos’altro?
El vegetariano: un’ottima versione di guacamole con semi di zucca…
Se avete tempo, affittate un motorino e andate al gran cenote ad Akumal. Una nuotata con le tartarughe di mare in grotte dai colori turchesi.
Photo Credits:le meravigliose foto sono del mio fidanzato. Se interessati al suo eccezionale occhio, scrivetemi.