Un camion che trasporta materiale radioattivo potenzialmente “molto pericoloso” e destinato a uso sanitario è stato rubato in Messico.
Una foto di huffingtonpost.com
Lo ha reso noto l’Aiea, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica: “Il camion è stato rubato, la fonte (di radioattività, ndr) è adeguatamente schermata. In ogni modo, la fonte potrebbe essere estremamente pericolosa se rimossa dalla schermatura o se viene danneggiata”, ha spiegato l’agenzia Onu.
Il camion è stato rubato lunedì scorso a Tepojaco, vicino a Città del Messico, mentre trasportava un macchinario contenente “cobalto 60″ da un ospedale della città di Tijuana a un centro di stoccaggio di rifiuti radioattivi. L’Aiea è stata informata dall’autorità per la sicurezza nucleare del Messico (Cnsns) che nel frattempo ha messo in allerta l’intera area. “Le autorità messicane stanno setacciando la zona e hanno diffuso un’allerta per sensibilizzare l’opinione pubblica”, ha spiegato l’Aiea.
La Protezione Civile messicana ha precisato che non c’è un rischio di contaminazione dell’area ma c’è il pericolo per salute di chi dovesse essere investito dalle radiazioni qualora si tentasse di manomettere il macchinario. In teoria il materiale potrebbe essere utilizzato per realizzare una cosiddetta “bomba sporca”, un ordigno esplosivo che diffonde materiale radioattivo in un’area enorme.
Si tratta di un “ordigno di dispersione radiologica” enormemente meno letale di una bomba atomica, ma molto più facile da realizzare e comunque in grado di seminare il panico. Gli esperti hanno da tempo allertato sul pericolo rappresentato dalle enormi quantità di materiale radioattivo custodite in ospedali, campus universitari e nei laboratori di ricerca di tutto il mondo, in condizioni di sicurezza spesso inadeguate.
Solo l’anno scorso, l’Aiea ha registrato 17 casi di detenzione illegale di materiale o tentativi di venderlo e 24 episodi di furto o smarrimento; ma ha allertato che questa è solo la “punta dell’iceberg”. Molti episodi hanno coinvolto le ex Repubbliche Sovietiche in ebollizione, come la Cecenia, la Georgia o la Moldavia, dove nel 2011 sono state arrestate alcune persone che cercavano di vendere uranio arricchito. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica e gli attentati dell’11 settembre, la comunità internazionale si è attivata perché questi materiali nucleari cadano nelle mani sbagliate: nel 2010, il presidente Usa, Barack Obama, ha ospitato un summit sul tema, che è stato seguito da un altro a Seul lo scorso anno, e un terzo è previsto all’Aja nel marzo 2014. Un rapporto diffuso a luglio dall’Associazione per il Controllo delle armi e il Parternariato per la Sicurezza Globale ha dichiarato che alcuni passi in avanti sono stati compiuti, ma che il “grosso” del lavoro resta ancora da fare.