C’è un metabolismo in continua digestione cosmica, diretto da una unità di controllo a conduzione famigliare buona a sintetizzare segnali geometrici che, per citare le parole di Alexander Pope nella cartella stampa, dal puro spazio si sollevano in equilibrio estatico, e correndo intorno al cerchio ne trovano la quadratura.
Lo storico collettivo impro-freak di Stoccarda si ricombina per l’occasione sulla milanese Black Sweat in una nuova, intensa navigazione a favor di vento in compagnia di Fifty-Fifty. Insieme fanno qualche decina d’anni di esperimenti in lungo e in largo per l’Europa, con una lista di collaborazioni che da sola dimostra il calibro di questi schivi musicisti tedeschi: da Eugene Chadbourne a Jooklo Duo, da Samara Lubelski ad Aki Onda… per fare i primi nomi che ricordo. Nello specifico, trattasi di musica registrata orgogliosamente su nastro, con le imperfezioni che non solo non vengono rimosse, ma che anzi ci rientrano a pieno. Sempre dalla cartella stampa: ogni imperfezione tecnica dovuta alla spontaneità della situazione è stata mantenuta come parte del documento sonoro. Nessuna tecnologia digitale è stata usata per quest’album. Rimane perciò sempre un senso perenne di salto o di slancio estatico verso possibilità non considerate nel mondo reale, quello degli oggetti definiti a forma tangibile.
Lo dovreste sapere, questo è il collettivo Metabolismus, che suona come una Alice Coltrane al pic-nic, con le percussioni intonate (e non) che aprono la strada ad incursioni del sassofono, con un’elettronica analogica mai così brulicante di vita. Questo disco è una ricerca dell’impossibile, il corrispettivo impro-folk-jazz della Flatlandia di Edwin Abbott o, ancora, della geometria senza catene immaginata in una poesia del già menzionato Pope. Musicalmente rappresenta le possibilità attuali d’una libera improvvisazione senza troppe paranoie esecutive o bandistiche, gestita da mani esperte, capaci di portarci a cogliere dettagli minimi e sfumature apparentemente impercettibili.
Cinque lunghi brani dove non si alza mai la voce, e l’ascoltatore viene trasportato per mano verso altre dimensioni del reale. Con dolcezza, come insegna la ricetta di famiglia. Grande musica anti-commerciale, ed ennesimo atto di resistenza in poche copie numerate su una bellissima stampa in vinile (leggete il nostro speciale sulla Black Sweat) e un senso di liberazione imminente senza ansie dark o scie eccessive da viaggio interstellare senza ritorno. Quadrare il cerchio è questione d’illusione prospettica: sognatori del calibro dei Metabolismus non potevano mancare di cimentarvisi. Alla fine, anche se è impossibile per come siamo confinati nell’angusto spazio dei sensi, può capitare che il solo ardimento dell’immaginazione ci renda migliore la vita, sognando che un cerchio entri in un quadrato e viceversa. Missione compiuta e disco bellissimo, se non aveste ancora capito da che parte sta il recensore.
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