Ho già fatto outing qualche articolo fa: ho un incorreggibile debole per i romanzi distopici.
Adoro le loro atmosfere straniate e asfissianti, mi incuriosiscono le varie costruzioni sociali che gli autori via via inventano, mi esalta la lotta per la consapevolezza e la libertà che l’eroe, o l’eroina di turno, devono ogni volta intraprendere.
E quando, al di fuori degli ingredienti classici e giustamente ricorrenti, trovo delle storie con note di originalità, che presentano enigmi e misteri che pur con una certa esperienza nel settore non si sciolgono facilmente, che al di là dell’opera di fantasia offrono spunti per riflessioni più ampie – sulla società o sulla natura umana – beh, capita che mi appassioni.
E in effetti mi sono ben immersa, e con piacere, nella lettura dei primi due libri della saga di Méto di Yves Grevet, edita da Sonda. Tanto da attendere con impazienza la pubblicazione in Italia del terzo e ultimo volume, programmata per Marzo di quest’anno.
L’autore è uno scrittore ed insegnante parigino, interessato a riflettere, nei suoi romanzi, su temi sociali e d’attualità. Con Méto è stato molto acclamato ed ha vinto, in Francia, ben otto premi letterari.
In uno stile secco, incisivo, in un certo senso freddo nonostante il racconto diretto da parte del protagonista, si dipana velocemente ed efficacemente l’ambientazione della storia.
Il lettore viene di fatto catapultato, fin dalle primissime pagine del primo libro (“Méto. La Casa”), nella realtà angosciante, claustrofobica e violenta dei bambini detenuti nell’edificio che, in principio, rappresenta l’unico luogo dei fatti narrati.
Suddivisi in quattro gruppi a seconda dell’età, sottoposti ad una rigida disciplina, i ragazzini vedono le loro giornate organizzate al minuto in attività, lezioni, sport e pasti, che non lasciano loro alcun margine di libertà. Controllati costantemente, non possono esprimersi, socializzare, né ovviamente ribellarsi o protestare.
Fin da subito sono chiari due aspetti fondamentali della vita nella Casa: i giovanissimi abitanti non conoscono il loro passato, né tantomeno il loro futuro.
Un’iniezione o un qualche altro drastico trattamento medico ha tolto loro, all’ingresso, la memoria dello stato precedente, della famiglia di origine, della loro identità. Ciascuno viene ribattezzato con un nome tratto dalla tradizione dell’antica Roma: Claudio, Ottaviano, Publio, Crasso…o Métello, come il protagonista.
Le guide, gli adulti cioè destinati al controllo e alla punizione delle disobbedienze, prendono il nominativo di Cesari. I professori destinati all’insegnamento delle varie materie, invece, presentano tutti, per un qualche misterioso motivo, delle menomazioni fisiche…
I ragazzini più grandi appartengono al gruppo dei rossi, cui accedono dopo essere passati per il blu chiaro, i blu scuro e i viola.
Ma cosa accada quando un rosso diventa troppo grande nessuno lo sa. Si dice, terribilmente, che è “scaduto”, che viene “rottamato” ma di fatto nessuno è a conoscenza del destino cui è designato, né se, dopo la fatidica data, rimarrà in vita destinato a nuovi compiti o nuove destinazioni.
Altra caratteristica fondamentale della vita nella Casa è l’assenza totale di donne. I giovani sono infatti tutti di sesso maschile e per canalizzare e gestire la fisiologica dose di aggressività che, per sesso, età e condizioni di vita inevitabilmente esplode, si organizzano sport e giochi violenti, sovente poco controllati, dove i ragazzi si sfogano e amplificano le loro unioni o rivalità.
In questo clima e in questa rigida organizzazione cresce Méto, che è già grande, probabilmente vicino alla fine del suo “ciclo” quando il racconto inizia.
Brillante, arguto, dotato di grandi doti logiche, ribelle di natura ma anche sensibile, onesto e fedele ai suoi amici del cuore, il ragazzo si sente rapidamente stretto nella realtà in cui è costretto a vivere e le domande, innescate anche dall’incontro con un misterioso ragazzino di nome Romo, non tardano a diventare troppo pressanti per essere taciute.
Chi sono i bambini rinchiusi nella Casa? Qual è il senso della ferrea disciplina cui sono sottoposti? E della loro educazione? Cosa accade a chi raggiunge la massima età? Come è la vita oltre l’isola sulla quale l’istituto è costruito? Qual è il loro passato?
Questi e tantissimi altri enigmi che Mèto e i suoi amici decideranno di risolvere dando origine ad una rivolta che sovvertirà l’ordine della loro vita e li porterà – nel secondo volume “Méto.L’isola” – fuori dalla Casa per fare la conoscenza e l’esperienza diretta di altre costruzioni sociali, altrettanto dure e, purtroppo, altrettanto insensate e basate su potere e gerarchie…
I romanzi di Yves Grevet, nonostante la loro scorrevolezza e la tensione che generano nel lettore che è costretto a non interrompere la lettura per saperne di più, celano riflessioni tutt’altro che superficiali sui temi politici della gestione del potere e sull’applicabilità o meno di principi di democrazia.
Ancora, considerazioni sulla natura umana, sui suoi istinti e come incanalarli, sull’aggressività, sulla barbarie, come anche sull’importanza della solidarietà, dell’unione e della fratellanza, corrono costantemente sotto le righe, senza mai essere dichiarate, né esplicitate.
Sta alla sensibilità del lettore farsene carico, perché una delle caratteristiche principali della narrazione è quella di rimanere sempre fedele alla storia e ai personaggi, senza divagazioni.
E’ la forza stessa della storia a renderne climi e atmosfere, momenti tesi e altri disperati, come anche le parentesi gioiose o vittoriose.
L’autore è perfettamente mimetizzato dietro al suo personaggio, nascosto nel linguaggio rapido ed efficace con cui questi racconta le sue vicende.
Ne risulta una storia estremamente coinvolgente, ricca di sfaccettature e colpi di scena, non scontata. Forse in alcuni punti, soprattutto nel secondo libro, leggermente ingarbugliata ma il lettore appassionato troverà perfino piacevole il districare qualche matassa di nomi e fatti.
Méto inoltre, come tutti i protagonisti ben riusciti che si rispettino, è autentico e umano, in costante crescita ed evoluzione, emotivamente dinamico, pronto a mettersi in gioco e a confrontarsi con le prove che gli vengono poste di fronte, ma con i giusti timori e scoramenti, e con i necessari dubbi e indecisioni.
Bella è la descrizione dell’amicizia che lo lega ai suoi compagni e che, anch’essa come i personaggi, cresce e si intensifica, si costruisce e si cementa con la maturazione dei ragazzi.
Aspetti questi che rendono la saga di Méto anche un buon romanzo di formazione che esplora l’età inquieta e tormentata dell’adolescenza.
(età consigliata: da 11 anni)
Se i libri ti piacciono, comprali qui: La casa. Metò
L’isola. Méto