“che cosa vuoi che scriva? di che cosa vuoi che parli?” toccavo dalla plastica trasparente le piccole palline bianche. Il piccolo pacchettino veniva rigirato nelle mie mani come una reliqua. Ogni pallina un desiderio, un sogno, una speranza, una preghiera…ma sono solo palline di plastica che amplificano il vuoto anche di un piccolo gesto. O mettono in discussione tutte le idee già discusse. Crollano e si costruiscono certezze. Ma sono solo piccole palline bianche di plastica, chiuse in una piccola bustina con una puntina.
Il tassametro intanto andava, mentre si pensava a riempire il silenzio. Il ricordo andava lontano, ad un altro taxi, ad una altra sbornia. Il tassista l’aveva capito. Che cosa vuoi che dica? Dove la porto? Vai tassista e portami a casa, per me il silenzio va bene. Cosa vuoi conoscere della mia solitudine. Ma il silenzio si riempie di domande, con voca rotta e rauca di risposte. L’alcool si combina con il dolore. Per lo meno il vuoto non sembra poi così vuoto.
Il tassametro intanto andava. Il tassista riempiva il silenzio e mi domandava cosa era successo. Belle parole . Come può essere la speranza o l’illusione. Ma io non ci credevo più. Ci avevo creduto però. In qualche sera a letto guardando la luce dalla finestra, ci avevo creduto con tutta la calma del mondo. Quando non ti perdevi in letti sempre più impossibili da rintracciare. Il tassista sembrava dispiaciuto e ci fu del silenzio, finalmente. Non riusciva a capirmi, lo sguardo potrei giurarlo, era quello di un padre. Le persone non cambiano, mi spiace. Sono otto euro e cinquantaquattro centesimi. Mi diede il resto ed un rosario. Torna a riempire il tuo vuoto. Io non ci credevo, ma in fondo non gli avevo mai chiesto nulla. Solo di portarmi a casa.
Arrivata all’uscio mi rigirai verso la strada. L’umido negli angoli del marciapede diventava ghiaccio. Forse domani nevica. Il taxi non c’era più. L’alcool si combinava al dolore e allo stupore. Forse tutto questo non era mai successo. Forse era stata solo una visione. Il pacchettino di palline bianche infilate una dopo l’altra però era nelle mie mani.