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Metti da parte qualcosa | Seneca, Lettere a Lucilio | Varie
Creato il 23 agosto 2014 da Lifarnur @silvialazzerini"Caro Lucilio,
mi scrivi e mi riferiscono cose che mi fanno ben sperare per te: non sei irrequieto e non ti agiti in continui spostamenti. Chi si agita sempre vuol dire che è malato nell'anima: per me il primo segno di un temperamento equilibrato è la capacità distare tranquilli in compagnia di se stessi. Però stai attento perchè anche leggere molto scrittori e molti libri di genere diverso può essere segno di volubilità. Bisogna approfondire gli scrittori che valgono davvero e nutrirsi di loro, se vuoi ottenerne qualcosa che ti rimanga.
Chi è dovunque, finisce per non essere da nessuna parte. Chi passa la vita a girare senza mai fermarsi conosce molte persone ma non avrà un vero amico. La stessa cosa succede a chi sfoglia tanti libri ma non si sofferma mai su nessuno. Non giova e non si assimila il cibo che viene vomitato subito dopo averlo ingoiato. Niente impedisce la guarigione quanto cambiare continuamente medicina: non si cicatrizza la ferita quando si cambia continuamente la pomata, non cresce bene l'albero che viene continuamente trapiantato.
Niente può dare giovamento se non gli si concede il tempo necessario perchè abbia effetto. Troppi libri sono inutili: se non hai tempo per leggere tutti quelli che puoi avere, tieni solo quelli che puoi leggere. Ma a me piace sfogliare ora questo ora quel libro, dirai. Ora è proprio di uno stomaco malato degustare tanti cibi, e così essi invece di far bene fanno male. Leggi sempre, allora, buoni libri, e se a volte ti piacerà di conoscerne di nuovi, non dimenticarti di quelli vecchi.
Ogni giorno metti da parte qualcosa che ti serva contro la miseria e contro la morte e dei tanti libri che leggi conserva una frase o un pensiero sul quale riflettere ogni giorno. Anche io faccio così, di tante cose che leggo salvo sempre qualcosa. Oggi ho fatto un incursione in un accampamento nemico, non da disertore, ma da esploratore, era l'accampamento di Epicuro e sono tornato con questo pensiero: "La povertà accettata con gioia è buona cosa".
Ma se l'accetti con gioia non è più povertà. Non è povero chi ha poco, ma chi desidera avere di più. Che cosa importa quanto uno ha in cassaforte o nel granaio, quanti capi di bestiame possieda e quanti soldi da prestare a usura, se no nriesce a staccare gli occhi dalle altrui proprietà facendo sempre i conti non di quello che ha ma di quello che vorrebbe avere? Mi domandi quale sia la misura giusta della ricchezza? Primo avere quanto è necessario, poi quanto è sufficiente".
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