Se io mi lascio vivere forse è per non lasciarmi morire. Sempre che io riesca a farlo, perché la vita periodicamente mi riacchiappa e mi entra in bocca, negli occhi e nelle orecchie. Sa di merda, abbaglia e fa un frastuono stordente, lo sai? Però fa bollire il sangue. Me lo sento che pulsa nelle vene, nelle tempie, nei ventricoli, tutta la notte quando non posso dormire. Tu non lo sai che significa perché nelle vene devi avere della formalina naturale per esserti imbalsamata così bene. Il tedio reso ideologia è insopportabile, ma qui siamo al livello della mistica. Lasciarsi vivere al confronto è un’esplosione nucleare: il verbo vivere è un mantra che non dovrebbero neppure permetterti di coniugare. Le stigmate della tua santa medietas non sanguinano neppure, sono come innocui bottoncini disegnati che peraltro nessuno attorno a te vuole vedere. Hai scoperto la serenità? Hai scoperto che a dare via i sogni e le inquietudini si vive meglio? Hai imparato a fare la morale a chi vive altrimenti? Brava. Se tu fossi veramente stupida quasi ti perdonerei, ma sei stupida per sforzo. C’è una parte di te che non è così, io la conosco e so che c’è ancora, ma a questo punto non conta niente perché è evidente che non sono in grado di darti nulla. Tu invece non dai niente per definizione, neppure ombra alle tre di pomeriggio. Mi terresti d’intorno come si tengono i diari delle scuole medie o le cravatte dei defunti, inutili ma difficili da buttare via. Meglio chiuderti a chiave nella cassaforte del passato e lasciarti là , tanto doveva succedere.
Rimetti pure i lego nella scatola e spediscili in Svezia. O dove cazzo li hanno inventati.