Metti una mamma alle prese con la preparazione della fiera a cui presenterà l'azienda per cui lavora. Metti i ritmi frenetici in ufficio e le notti bianche a casa. Metti il cuore tormentato, che ogni giorno che passa subisce un'ulteriore stretta, bella forte, all'avvicinarsi della data dell'imbarco (ok, non sto andando al fronte, ma per me è tragico lo stesso!).
Metti una mamma preoccupata per il piccolo che ha appena scoperto la sua intolleranza alimentare. Metti una mamma angosciata al pensiero di chi lo controllerà: come farà la cacca, cosa mangerà, se il suo stato di salute migliorerà via via.
Metti una mamma preoccupata non solo per i figli, ma anche per il peso e il disturbo per le nonne, la zia e la tata, che oggi doveva ricominciare a lavorare con noi dopo un periodo di ferie seguito da un altro di malattia.
E poi, metti che il lunedì prima della partenza succede che:
- la tata la chiama per abbandonarla di punto in bianco. Per sempre. Ha le sue buone ragioni, ma anch'io ho le mie per lamentarmi un po'. Anzi, per essere disperata.
- il papi parte all'improvviso per due giorni. Che tempismo.
- il topino grosso, la notte dell'assenza del papi, si fa venire il febbrone da cavallo. E' evidente che ha preso tutto da suo padre, quanto al centrare il momento giusto.
- giunta miracolosamente in ufficio grazie al salvataggio in corner per l'arrivo provvidenziale della nonna, che in un momento di delirio come questo, le consente di andare in ufficio qualche ora, scopre con costernazione che il suo pc è defunto, e il suo ultimo back-up risale più o meno all'elezione del Papa. No, non questo, quell'altro.
Per questa mamma c'è bisogno di accendere qualche cero. Perché se va avanti così, non so dove andremo a finire. E ogni minuto che passa, il suo cuore subisce un'altra stretta. Tic, toc, tic, toc.
E dire che avrei potuto fare la professoressa e oggi avrei avuto figli grandi.