Magazine Diario personale

Mi assomigliano un po’

Da Lupussinefabula
Cacti Pot 2

Cacti Pot 2 (Photo credit: Brandon Heyer)

Mi fermo in prossimità di un errore, con il bisogno di riflettere e di capire, rigirandoci continuamente intorno.

Mi assomigliano un po’

Cammino sui miei passi a testa bassa, rigirando i miei pensieri tra di me, e seguo con lo sguardo le linee diagonali del pavimento; e immagino che le mie dita come piccoli nani percorrano le fughe che corrono oblique e ruvide verso l’orizzonte, per infrangersi interrotte e senza destino o continuazione contro il muro che separa dall’infinito.

E vorrei essere una poeta per poter trovare una metafora sula vita, a partire da questa scacchiera sotto il solo dell’estate.

O vorrei essere un fotografo per fissare senza parole questo istante in uno scatto, come fosse un’emozione che non passa e che non muore.

Ma il mio sguardo non sa soffermarsi e scavare e fondo, nè cogliere una verità di vita più assoluta; e si sposta su un fotogramma diverso che contiene dei cactus in un angolo riparato- il più riparato- dai venti.

Il cactus- la vita; la vita- il dolore; il dolore delle foglie che non possono essere foglie e restan spine.

Forse ho trovato un ‘idea. Per la mia metafora. Forse per una poesia.

Ma c’è nell’aria un clarinetto che fa scale; non è come gli altri clarinetti che si aggomitolano sornioni come gatti; questo fa scale come

Mi assomigliano un po’
qualcuno che sta imparando a stare in piedi prima di poter anche correre e saltellare; scale interminabili infinite scale. Non si chi sia a suonarlo, e seguendo le sue scale sulle scale della vita io mi perdo, ricercando una metafora anche per me. Cerco un modo per potermi spiegare, come un oggetto si spiega a me se lo avvolgo coi miei sensi. Ma io sfuggo a me stessa, la mia anima sfugge a ciò che sono; e una scala senza fine, un cactus e il sue emblematico dolore, l’obliquità ruvida di un pavimento che si infrange contro il muro senza possibilità di orizzonte, sono tutte cose che mi assomigliano un po’. Solo un po’. Ma non mi definiscono.

E resto inerme al centro del mio piccolo mondo, con un sfarfallìo di dolore dentro al cuore, mentre le fughe continuano ad essere fughe, i cactus restano fermi nel loro disarmante silenzio, il clarinetto a volte si ferma e ripete una nota in prossimità di un errore.



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