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Mi attacco al tram – Il barone rampante… più o meno.

Da Righevaghe

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Metro 1, due adolescenti in shorts, eye liner nero e iphone si siedono accanto a me.
Si tolgono le cuffie dalle orecchie e cominciano a chiacchierare.
«Ma te li hai letti i libri che ha dato la prof per l’estate?»
«Ne ho letti solo due, ma ho scoperto che dovevo leggerne almeno tre.»
«E quali hai letto?»
«Mah… boh… uno di Sciascia e un altro, che non mi ricordo.»

«Io ho letto Il barone rampante.»
«Vero? Io ce l’ho… ma boh… Calvino, come si chiama, non mi piace.»
«No dai, è bello! È triste però.»
«Me lo racconti? Così faccio finta che l’ho letto…hihihi!»


«Allora: c’è questo ragazzo che è figlio di un barone che un bel giorno impazzisce e se ne sale su un albero e decide di non scendere più. Poi incontra una certa Viola, si amano ma si lasciano. E poi si rilasciano. Lui impazzisce e resta per sempre sugli alberi. Lei se ne va. È proprio triste…ma è bello però.»
«Cavolo, è proprio triste!»

E io, mentre il povero Calvino veniva trasformato nel riassunto in due righe del più insulso dei Moccia, con la testa nel mio libro, sprofondavo.

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