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Mi avete convinto, non voterò Renzi

Creato il 07 dicembre 2013 da Dave @Davide

Mi avete convinto, non voterò Renzi

Alla vigilia del voto di domani, quello delle primarie del Partito democratico, non farò endorsement. Non credo sia il caso di scrivere tediosi appelli al voto, né ho intenzione di sottolineare la bontà della parte da cui ho deciso di stare. A dirla tutta, anzi, voglio annunciare che non voterò Matteo Renzi. Voglio dar ragione a quanto spesso sostenuto in questi mesi – talvolta con toni tragici – da eminenti giornalisti, esperte giornaliste, valenti opinionisti, scrittori prodighi di opinioni, intellettuali engagé, commentatori, accorati difensori dei diritti dei lavoratori e soloni dell’identità d’area politica.

Hanno ragione loro. Ci ho pensato su.

Non lo voterò innanzitutto perché non è di sinistra. Ed è così poco di sinistra da aver incassato il sostegno di Giuliano Pisapia e Cécile Kyenge. Peggio: è talmente di destra da essere da mesi nel mirino delle testate della propaganda berlusconiana, così insopportabilmente dell’altra parte delle barricate da dire che la destra italiana ci ha portato dove siamo oggi, ma non l’ha fatto da sola.

Non soltanto: Renzi non ha minimamente a cuore le sorti dei lavoratori. Tanto che il tasso di disoccupazione al 12,5% (e quella giovanile al 41,2%) l’hanno portato lui e le sue politiche liberiste. Ed è inaccettabile sentirgli dichiarare che oggi è un «eroe chi crea posti di lavoro», invece di continuare a difendere gli operai con la vuota retorica da salotto dei talk show. Lo stesso si dica per il discorso pubblico/privato, che il nostra osa affrontare senza fisime ideologiche e vuoti slogan identitari. E la frase «da segretario non mi farei dettare la linea dal sindacato»? Semplicemente scandaloso, comunque la si guardi.

Non lo voterò perché da sindaco ha fallito: a Firenze non c’è mai, i cittadini si lamentano. Ecco perché un recente rilevamento del Sole 24 ore ha inserito la città nella top ten delle più vivibili d’Italia (al settimo posto).

Non si può votare chi non ha come priorità una posizione progressista sull’aborto e la difesa della legge 194. E Renzi è così indietro, su questo tema, da candidare a Milano Alessandra Kustermann, ginecologa monumento vivente alla difesa – quella vera- della suddetta legge e dei principi laici che incarna.

E poi con lui all’Assemblea nazionale ci sono i franceschiniani di AreaDem, i veltroniani, personaggi da rottamare che non sono stati rottamati. Per fortuna ci sono alternative: Gianni Cuperlo, che candida direttamente Massimo D’Alema in Puglia e l’iper-bersaniano Enrico Rossi in Toscana. E Pippo Civati, che alle scorse primarie ha dato il suo voto a Pier Luigi Bersani e vuole tuttora rispettarne il trionfale programma e le vincenti alleanze.

Domani non andrò a votare Renzi perché il suo modello di partito è troppo personalistico, improntato sulla figura del leader più che sulla collettività del gruppo. E, a ben vedere, le altre mozioni – critiche su questo punto – fanno meglio: Civati della sua immagine di dissidente ha fatto un simbolo riconoscibile, brandizzando il suo nome ha generato una serie di slogan da esso indissociabili, servendosi di quella leadership che i suoi contestano altrove ha creato una comunità unita e decisa nel sostenerlo. Cuperlo, invece, ha come priorità il bene del partito. Si spera più di alcuni che lo sostengono, che prospettano senza apparente problema scenari apocalittici e prese di distanza dal partito legati al «se vince Renzi».

E poi, diciamocelo, il sindaco di Firenze è incoerente. Ha cambiato idea su tutto. Mica come il Cuperlo che nel 1997, quando la moda degli strali anti-liberismo si era presa una pausa, scriveva il discorso della svolta blairiana di D’Alema (l’ha ricordato Fabrizio Rondolino, ai tempi un altro stretto collaboratore del leader del PDS). E certo niente in confronto a Civati, che in questa campagna elettorale ha dato a intendere a più riprese che il «verso» che vuole cambiare Renzi vada a destra, ma in economia – grazie a Filippo Taddei, che è tra i suoi consiglieri in materia – ne replica nella sostanza le ricette.

Non voterò Renzi perché è vuoto – Crozza ha centrato il punto – e inconcludente. Poco importano le idee che il suo consigliere economico Yoram Gutgeld ha portato in giro per l’Italia, quelle sulla semplificazione delle norme del lavoro e quelle in materia di scuola e formazione. Sono stufo di sentirgli parlare esclusivamente dei “101″, nonché ripetutamente di quanto i suoi avversari non siano perfettamente di sinistra, di polemiche futili alimentate per colpirli, di chi voterà Prodi, dei referendum «dell’acqua pubblica» e di vaghe difese dei lavoratori: ho bisogno di contenuti veri, per cui mi rivolgerò altrove.

Voglio una sinistra nuova, non l’ennesima riproposizione delle poco efficaci e per nulla vincenti formazioni del passato. Per cui voterò chi da mesi si intesta le ceneri dell’Ulivo di Prodi – tanto da averne riattaccato il simbolo sui cartelloni di Bologna – o il candidato di Massimo D’Alema. Voterò chi insiste a vedere in un non meglio definito «neoliberismo» il Male da estirpare del Paese e chi, citandolo, vorrebbe un PD «con dentro il Pd e SeL, che prediliga l’interlocuzione con Rodotà, Landini e Zagrebelski».

Non voterò Renzi e mi siederò sulla proverbiale riva del fiume, aspettando che questo Paese – interrogandosi su cosa è di sinistra e cosa no con unità di misura vecchie perlomeno di decenni – getti alle ortiche la sua occasione di modernizzarsi.

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